Flesh Storm – Catalyst – Skeleton Christ – Eyes Of The Insane – Jihad – Consfearacy – Catatonic – Black Serenade – Cult – Supremist
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La vera notizia è che, per la prima volta dal 1990 (anno di emissione dello storico “Seasons In The Abyss”), gli Slayer possono contare sull’apporto di Lombardo per un loro disco in studio: con “Christ Illusion”, quindi, viene sancito il ritorno definitivo della formazione originale, e come logica conseguenza anche la musica ne risente. Basta gettare uno sguardo alla copertina per prefigurarsi come potrebbe suonare l’album; e infatti i dieci nuovi pezzi sono un sunto di quanto fatto dai Nostri nella seconda metà degli anni Ottanta. Messe da parte sia la furia hardcore di “God Hates Us All” sia le sperimentazioni di “Diabolus In Musica”, l’ultima loro fatica oscilla (salvo poche eccezioni) tra il riffing superteso di “Reign In Blood” e le atmosfere opprimenti di “South Of Heaven” e del già citato “Seasons…”; chiaramente non si bissano quei livelli, ma l’ispirazione è palesemente retrospettiva. Tra i pezzi da manuale spiccano la prima traccia, “Flesh Storm”, il loro classico up – tempo spaccaossa introduttivo, la bellissima “Cult” (per chi scrive già annoverabile fra i loro classici), il mid – tempo sulfureo di “Catatonic” (dall’atmosfera quasi alla “Dead Skin Mask”), e l’ottima “Supremist”, nella quale il buon Dave si supera dietro le pelli (e uno dei punti di forza di “Christ Illusion” è costituito proprio dallo stato di forma spettacolare di Lombardo). Non si tratta comunque di un cd totalmente rivolto al passato e meramente formalista, dato che qualche spunto coraggioso c’è: l’esempio più eclatante è costituito da “Jihad”, attacco “nu metal style” dal timbro modernista e prosecuzione del medesimo stampo: tutto sommato l’esperimento funziona, perché gli Slayer riescono ad imprimere il loro marchio anche su di una song che esula leggermente dal loro territorio abituale. Non si sta parlando di capolavoro, ovviamente: troppi anni sono passati dalla loro età aurea, e i dischi epocali li hanno già scritti. A voler essere eccessivamente esigenti, si poteva pure sperare in qualcosa di più dalla reunion della formazione storica: effettivamente qualche filler di troppo c’è (“Eyes Of The Insane” e “Black Serenade” su tutti). Tuttavia questo “Christ Illusion” merita, come meritano quasi tutti i dischi con impresso il loro monicker. Diciamolo a chiare lettere: oltre ad aver ispirato, negli ultimi vent’anni, una miriade di gruppi e di sottogeneri, i Californiani dimostrano di aver ancora una marcia in più rispetto ai loro stessi epigoni: non è da tutti poter riproporre, nel 2006, le stesse sonorità e gli stessi schemi compositivi utilizzati nel 1986, e ciononostante risultare ancora credibili e freschi quasi come un tempo. Fatte salve le debite critiche, un grande disco da parte del gruppo metal più estremo di sempre.
S.M.