For The Glory Of… – More Than Meets The Eye – The Evil Has Landed – The Formation Of Damnation – Dangers Of The Faithless – The Persecuted Won’t Forget – Henchman Ride – Killing Season – Afterlife – F.E.A.R. – Leave Me Forever
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Tutto il mondo del metallo è in fregola per l’uscita del nuovo Testament. E ne ha tutte le ragioni. Questo perché i Testament, comunque amatissimi, sono una tra le poche band reduci dagli anni ’80 ad essere sopravvissute con una certa dignità intatta, e praticamente l’unica ad aver piazzato un vero e proprio classico nell’ultimo decennio. The Gathering (1999) è stata una grandissima mazzata in grado di salvare una band e rilanciare un genere, poi il silenzio.
In questi anni ne sono capitate di ogni: sfighe più o meno gravi, raccolte, semi reunion, live, tour su tour ma nessun nuovo album. Giustamente c’era venuta una certa voglia. Attualmente il gruppo è formato dalla coppia base Chuck Billy (voce) ed Eric Peterson (chitarra), questa volta accompagnati dagli storici compagni Greg Christian (basso) ed Alex Skolnick (chitarra solista), con in più il mitico Paul Bostaph alla batteria (ma non aveva smesso con la musica pesante?); in pratica 4/5 della formazione originale.
Cosa ne è venuto fuori?
Il sound è un incrocio tra The Gathering e il classico Practice What You Preach (1989). Il disco è comunque spinto da riff e batteria d’assalto, ma in misura più contenuta rispetto al precedente album, e punta più sul ‘groove tecnico’ che sul muro di suono devastante. Chuck canta ‘vecchio stile’, lasciandosi andare al growl solo nei pezzi più pesanti come la title track e ‘The Persecuted Won’t Forget’. Il resto è molto più in linea con la produzione del passato, anche se non c’è traccia di parti più soft in stile The Ritual (1992) o degli intermezzi acustici che andavano di moda negli anni ’80. Anche la presenza di Skolnick si sente ma non in maniera eccessiva: solo in ‘F.E.A.R.’ prende il largo, per il resto tiene un profilo più basso, facendo sentire il suo marchio di fabbrica poche volte, come nell’assolo di ‘More Than Meets The Eye’. Il disco quindi non è un The Gathering parte seconda e neppure un semplice tuffo nel passato. Non riuscirà ad accontentare tutti ma è comunque un gioiello di thrash, scritto da dei veterani e dove è proprio il songwriting di livello superiore a fare la differenza. Il disco non vale forse i nove anni d’attesa, ma ogni pezzo ha da dire la sua e rimarrà di sicuro una delle uscite dell’anno.
M.B.