Trap Them – Darker Handcraft


Tornano i Trap Them con il loro terzo album, e il massacro sonico è di nuovo servito. Questa volta la forma è un po’ diversa, ma la sostanza non cambia. La band fondata dal cantante Ryan McKenney e dal chitarrista Brian Izzy è, oggigiorno, fra le più violente e pesanti del mondo, e con “Darker Handcraft” ribadisce il proprio ruolo all’interno della scena hardcore/grindcore di maggior spessore. La produzione è ancora affidata a Kurt Ballou (Converge), cambia l’etichetta però: abbandonata la Deathwish, “Darker Handcraft” esce per Prosthetic.
Terminati i convenevoli, parliamo del disco. Che si pone quale ideale continuazione dei precedenti capitoli, tant’è vero che i titoli delle 12 tracce incluse sono ancora una volta numerati secondo un’ipotetica scansione giornaliera, operazione che i Nostri compiono sin dai tempi di “Sleepwell Deconstructor” (2007). A livello musicale, però, qualche piccola novità c’è; se il predecessore “Seizures In Barren Praise” mostrava dei suoni lievemente più compressi e, soprattutto, una forte interazione fra HC/crust e metal estremo, tanto che io stesso avevo parlato di metalcore, inteso in senso lato, il nuovo album lascia affiorare maggiormente le componenti punk e grind, ‘limitando’ quella death all’utilizzo di alcuni riff ed effetti sonori chitarristici.
Insomma, le chitarre lorde e ribassate alla Entombed ci sono ancora, eccome, ma i brani sono ancor più diretti ed epidermici, come la terremotante “Damage Prose” dimostra fin dall’inizio. Ancora una volta risulta azzeccata la scelta di alternare pure sfuriate di ultravelocità grind (cfr. “Saintpeelers”) a rallentamenti claustrofobici e neri come la pece, sentire ad esempio “Evictionaries”, il break centrale di “Sordid Earnings” e la conclusiva “Scars Align”. Neppure mancano agganci al postcore più feroce, come si può notare in alcuni riff di “Every Walk A Quartantine”, quasi Dillingeriani. Come al solito Ryan martirizza le proprie corde vocali tramite uno scream inumano, la sezione ritmica (ottimo il nuovo batterista Chris Maggio) risulta straordinariamente duttile e la chitarra di Brian lacera i timpani come poche. Alla fine dell’ascolto, l’impressione che si può avere è quella di aver ascoltato un disco dei Black Flag risuonato da dei Brutal Truth con un’insana passione per il primo death svedese. Ed è una bella impressione.
“Darker Handcraft” è il lavoro più vario e convincente dei Trap Them, e se continuano così il prossimo potrebbe esser persino migliore. Un gruppo in stato di grazia.
Stefano Masnaghetti

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