Il nuovo album dei Vader è un album dei Vader.
Questa orribile tautologia iniziale è pero efficacissima nel definire in poche parole “Welcome To The Morbid Reich” nella sua essenza. Ossia quella di essere un disco death metal nel tipico stile dei Vader, band polacca giunta qua alla sua nona fatica in studio, e che non sembra voler cedere di un millimetro il posto che le spetta nel panorama del metal estremo.
Forse a causa della sua provenienza (nonostante alcune grandi band, la Polonia è comunque terra di confine per certa musica), il gruppo guidato da Piotr Wiwczarek sin dai suoi albori è riuscito a mischiare in modo interessante death e thrash; certo a fine anni Ottanta era pratica piuttosto comune, ma i Vader sono sempre stati fedeli a questo assunto di base, e dopo più di vent’anni la loro abilità nell’abbinare ritmiche alla Dismember e riff slayeriani, solo per fare due esempi, rimane immutata. Fra le altre cose “Welcome To The Morbid Reich” sembra persino più ispirato rispetto ad alcuni suoi predecessori, in particolare al relativamente deludente “Necropolis” (2009). Se in quest’ultimo mancava un po’ di aggressività, al contrario il nuovo lavoro ne sparge a piene mani, ad iniziare dal growl di Piotr, davvero imponente a questo giro. E sebbene tutto il cd sia piuttosto omogeneo a livello qualitativo, ci son pure dei pezzi che non si scordano facilmente: la title – track, dal retrogusto alla Morbid Angel, oppure la successiva “The Black Eye“, giocata sull’alternanza up – mid tempo (e con rasoiate di chitarra che fanno davvero pensare agli Slayer), o ancora la sparatissima “Decapitated Saints” (Stormtroopers Of Death?) e la feroce “Come And See My Sacrifice“, in cui s’intrufolano riff vicini al black metal. Gli inserti sinfonici, mai invadenti, sono un piacevole riempitivo in grado di sottolineare ancor di più l’atmosfera morbosa dell’opera.
Poco altro d’aggiungere, i Vader sono tornati e sono in piena forma, tanto da fugare ogni dubbio su un loro possibile declino. Fanno sempre la stessa roba ma la fanno meglio del 90% dei loro colleghi. E a chi ascolta il death old school poco importa dell’innovazione. Consigliato.
Stefano Masnaghetti