Virus – The Agent That Shapes The Desert


I Virus sono la band di Czral (Carl-Michael Eide, voce e chitarra) ed Esso (Einar Sjurso, batteria), ossia quelli che furono i leggendari Ved Buens Ende, capaci con “Written In Waters” (1995) di scrivere uno dei più immaginifici dischi di post black metal di sempre, praticamente impossibile da replicare. Infatti, si trattò del loro primo e ultimo album. Poi il silenzio, sino al 2000 e alla fondazione del nuovo gruppo, che uscita dopo uscita sta proseguendo nel solco tracciato da quel capolavoro, portandolo alle estreme conseguenze.
Fondamentalmente il nuovo “The Agent That Shapes The Desert” suona molto simile al predecessore “The Black Flux” (2008), il che significa una versione rivista e corretta dei Ved Buens Ende, ai quali è stato tolto scream e blast beat ed è stata aumentata l’impalpabile astrattezza della musica. Chi non conoscesse una nota dei Virus, potrebbe figurarsi il loro suono come uno strano magma metallico dallo scorrere incessante e inesorabile, dai riff obliqui e reiterati, sui quali svetta la particolarissima voce di Czral, più che un vero e proprio canto una sorta di straniante recitativo trascinato. Un esempio più concreto potrebbe essere quello dei Voivod che suonano doom, oppure dei Satyricon di “Rebel Extravaganza” alle prese con la new wave e il post – punk. In realtà gli esempi servono a poco, i norvegesi hanno saputo creare uno stile pressoché unico, enfatizzando le dissonanze in funzione costruttiva, tanto che il loro complesso potrebbe esser definito come ‘scuola superiore della dissonanza’. Personalmente ho sempre trovato la loro musica un’ideale colonna sonora per la lettura di Lovecraft, specialmente per i racconti sui grandi antichi; le loro note sono perfette per immergersi nelle geometrie non euclidee di città sepolte dalle sabbie del tempo e celanti oscure divinità primordiali.
Come già detto, la nuova opera non presenta grosse novità rispetto al passato, e quindi la qualità è come sempre molto, molto elevata. Forse l’unica differenza rilevante è un suono leggermente più caldo, che ora pare provenire davvero da profondità abissali, adattissimo a descrivere i paesaggi tratteggiati in brani come la title – track, “Chromium Sun” o “Dead Cities Of Syria”. Da segnalare anche un cameo vocale di Garm (Ulver, Arcturus, Borknagar, etc.) nella conclusiva “Call Of The Tuskers”.
Musica di nicchia, come si dice spesso, ma non per questo non meritevole di attenzione, anzi. Se accanto ai grandi nomi più gente ascoltasse anche band come i Virus vivremmo in un mondo migliore.
Stefano Masnaghetti

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