Il secondo album degli statunitensi We Came As Romans è un disco utile. Utile perché può risultare istruttivo per capire certe dinamiche che attraversano il rock contemporaneo, e che si tratti di un disco ascrivibile ad un genere in auge ma tutto sommato di nicchia, il metalcore, poco importa ai fini dell’analisi che si vuole fare. “Understanding What We’ve Grown To Be” è, infatti, sintomatico di una tendenza che nella musica popolare privilegia sempre più la forma a scapito del contenuto. In quasi tutti i generi e sottogeneri nei quali questa si divide e si espande.
Ecco allora un lavoro formalmente impeccabile, con tutti i crismi del caso: titolo chilometrico, doppio cantato scream/clean vocals, sfuriate di violento HC/postcore alternate a frequentissimi alleggerimenti melodici realizzati grazie ad una forte componente elettronica (c’è chi ha parlato di ‘electronicore’), aperture quasi ‘sinfoniche’ che occhieggiano all’emo, produzione cristallina e perizia strumentale davvero ottima, in grado di dare il giusto groove a passaggi debitori dello swedish death più melodico (Dark Tranquillity periodo “Projector/Haven” su tutti), così come di band conterranee quali As I Lay Dying, Atreyu e Poison The Well. Tutto questo declinato comunque in un contesto un po’ meno pesante, tanto che i We Came As Romans in certi passaggi di smaccato melodismo ricordano persino Linkin Park e simili. Quest’indecisione fra violenza ‘core’ e tentazioni da heavy rotation teleradiofonica costituiscono uno dei problemi del cd, sebbene non si tratti del più grave. La vera pecca è che tutte le canzoni si assomigliano davvero troppo, in questa continua alternanza tra rifferama metallico ultra compresso contrapposto a passaggi electro – eterei da emo un po’ più cattivi della media; “Just Keep Breathing” è forse l’esempio più lampante di questo modo di procedere.
Questi sei ragazzi stanno riscuotendo un ottimo successo cavalcando il trend del ‘melocore’. Bravi e preparati, sanno come s’impugnano gli strumenti e faranno la gioia di molti quindicenni. Quello che si fatica a trovare è un barlume d’originalità e la voglia di fare quel che passa per la mente senza pensarci su troppo, voglia che da giovani dovrebbe essere incontenibile. Ecco il perché del discorso iniziale: oggi più ti adegui allo stile del momento più sei premiato. Ma il rischio è quello di sfornare tonnellate di album gradevoli e professionali che però scivolano via come acqua fresca. Rischio che corre in pieno la seconda fatica dei We Came As Romans.
Stefano Masnaghetti