Young Widows – In And Out Of Young And Lightness

Young Widows In And Out Of Young And Lightness
Quarantasette primi e trentanove secondi.
Quarantasette primi e trentanove secondi di sonore manate in faccia e niente più: se c’è da fare un’osservazione a questo trio del Kentucky che ormai è sulle scene da quasi più di cinque anni, è quella di aver ben chiaro cosa vogliano fare ma soprattutto come farlo. L’abilità musicale di ognuno dei componenti della band è fuori da ogni possibile discussione e questo, nella complessità del disco, emerge già dopo alcuni ascolti; qualcuno tra i pezzi del disco supera, e di gran lunga, la durata media di un pezzo rock (i canonici tre minuti e mezzo), ma l’impressione è quella per cui ogni secondo di ogni traccia sia assolutamente necessario nella costruzione della tensione che pervade l’intero lavoro.
Trascinato da “Future Heart”, utilizzato come singolo apripista e di cui è stato realizzato un video che ha fatto molto scalpore sul web, l’intera opera si sviluppa attraverso l’intreccio tra capitoli molto lunghi come la ben riuscita (mezza) title-track “In And Out Of Lightness”, “Lean On The Ghost” e l’altra (mezza) title-track “In And Out Of Youth” e capitoli molto più brevi e diretti come “Right In The End” e “My Tambourine Wrist”; l’alternanza tra stilemi musicali interni accomunabili a sfumature più o meno post-hardcore ed al noise rock che ha reso celebre una band come i Sonic Youth o, più recentemente, gli Animal Collective guidati da David Portner (Avey Tare) e Noh Lennox (Panda Bear), risulta la grande novità apportata dalla band al suono di “Settle Down City” del 2006, oltre che il perno attorno a cui ruota l’intero lavoro compositivo.
Una menzione particolare la meritano i testi di Evan Patterson, croce e delizia da lungo tempo ormai, con chiara ispirazione di matrice Caveiana; l’innata capacità di scrittura del leader emerge in quasi tutto “In And Out Of Youth And Lightness”, ma, purtroppo, quando non lo fa, la differenza si nota, eccome.
L’unica nota negativa da segnalare in questo disco è forse la difficoltà nel poter riprodurre ambientazioni musicali e sonorità (quasi fossero create in serie da una macchina), situazione che manterrebbe gli Young Widows su standard qualitativi che altre band, anche con maggiore ‘gavetta’ alle spalle, si sognano.
Federico Croci

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