Zeal & Ardor – Devil Is Fine
Gli schiavi neri nell’America pre-Guerra di Secessione iniziano a invocare Satana per combattere i padroni cristiani. Questa l’idea folle che si cela dietro “Devil Is Fine”, nato dalla mente malata di Zeal & Ardor aka Manuel Gagneux. Ecco spiegata la commistione inusuale tra gospel e black metal (ed elettronica). Il risultato è inquietante ma brillante. Non tutte le ciambelle escono con il buco (vedi “Children’s Summon”), ma state pur certi che rivedremo “Devil Is Fine” in molte classifiche di fine anno.
The Northern – Solstice
Se vi piacciono gli Architects, e quella corrente progressive metalcore che tanto va di moda in questi mesi, non potete perdervi il debutto dei canadesi The Northern. “Solstice” è davvero emozionante, e riesce a portare a galla una profondità non comune a molte band simili. Una vera e propria esperienza, a tratti heavy, a volte eterea, in molti casi oltre i confini della leggerezza pop.
DispersE – Foreword
Prog, artrock, elettronica, fusion, jazz, djent: il terzo lavoro in carriera dei polacchi DispersE è un magnifico coacervo di tutto questo bendidio. Definiti dalla stampa estera come esponenti della “prop music” (prog+pop), i Nostri sono lanciatissimi verso sonorità di certo non più heavy, ma sicuramente neanche accessibili a tutti. Suite lunghissime (esemplari gli oltre 9 minuti di “Does It Matter How Far?”), eleganti nella loro modernità e un ex Monuments (Mike Malyan) alle pelli. Consigliatissimo a chi gode di larghe vedute.
Persefone – Aathma
Come un bel film dalla trama intricata richiede di essere visto più volte, “Aathma” dei Persefone svela dettagli sempre diversi ascolto dopo ascolto. I primi nove brani fungono da lunghissima introduzione al cuore del disco, gli omonimi quattro episodi di “Aathma”. Una presa di coscienza di sé, tanto cara ai buddhisti, riletta in chiave progressive death metal con cristallini richiami al post rock (“Living Waves”). Per pochi eletti.
Power Trip – Nightmare Logic
Nel secondo lavoro dei Power Trip, “Nightmare Logic”, ce n’è davvero per tutti. I Nostri non le mandano di certo a dire, che sia religione, politica o violenza gratuita, e lo fanno nel migliore e più divertente dei modi, ovvero con un buon mix tra thrash e hardcore intessuto di qualche virtuosismo che tanto old school non è, ma conferisce ulteriore spessore a un già corposo lavoro.
Lorna Shore – Flesh Coffin
Il mantra che recita “il deathcore non ha più senso da X anni” non è valido per certe band. Tipo per i Lorna Shore, che al secondo full-length arrivano con una freschezza e una cattiveria che ormai molti colleghi hanno perso. Seguendo le orme black metal dei ferocissimi Carnifex, la band del New Jersey dipinge di nero l’intero “Flesh Coffin”, spezzando pure le ossa con drammatici breakdown.
Ghost Iris – Blind World
C’è tanta, tantissima carne al fuoco nel secondo lavoro dei danesi Ghost Iris. La formazione progcore riesce a ricreare atmosfere malinconiche e a tratti cupe, buttandoci dentro anche un pizzico di deathcore e spoken word. “Blind World” è un album di dissonanze, che in alcuni episodi suonano un po’ caotiche e disomogenee, ma nel complesso efficaci e degne della nostra attenzione.
Immolation – Atonement
Dopo dieci dischi che cosa avranno mai da dire di nuovo gli Immolation? Niente, ma fanno il loro sporco lavoro dannatamente bene. C’è da dire che, in un genere che non si è evoluto più di tanto, soprattutto di recente (il death metal, ovvio), non ci si potesse neanche lanciare in chissà quali voli pindarici. Dolan e Vigna sono le solite inossidabili garanzie alla voce e alle sei corde, e “Atonement”, pur senza mozzare il fiato, fa venire una bella voglia di fare a botte nel pit.
Six Feet Under – Torment
La (prolificissima) formazione capitanata da Chris Barnes torna più splatter che mai con il terrificante “Torment”. Al dodicesimo disco, quando si è già parlato di qualsiasi tipo di delitto, tortura e amenità varie, è molto difficile non ripetersi. L’inconfondibile timbro dell’ex Cannibal Corpse contribuisce al piattume generale. Insomma, “Torment” è il corrispettivo in musica di una delle ultime puntate di “The Walking Dead”. Per lo più noioso.
A Breach of Silence – Secrets
In “Secrets” sicuramente le idee ci sono. Manca solo la voglia e il coraggio di metterle in pratica. Se nel complesso il terzo lavoro degli australiani A Breach of Silence è un buon disco di metalcore, siamo sempre molto derivativi . I ragazzi dovrebbero puntare sulla voce interessante del frontman Rhys Flannery e sugli assoli hard rock ottantiani (vedi “Sugar and Spice”). Ma ripeto, ci vuole coraggio.
Once Human – Evolution
La band di Logan Madler (che ha militato nei Machine Head e nei Soulfly) torna con “Evolution”, un disco sì solido, ma a cui manca quel quid per non soccombere nel magma del melodic death metal (female fronted pure) che diciamolo, oggi non si fila più nessuno. E non basta la fisicatissima vocalist Lauren Hart a fare la differenza.