Parliamo di una di quelle band che sono immerse in un background puramente americano e lontanissimo dai nostri gusti abitudinari, quei gruppi che hanno una disparità abissale tra seguito nel nostro paese e quello di provenienza. Una specie di effetto “big in Japan” al contrario. Non è negabile però che alcuni di questi eroi dell’hard rock melodico e di facile digestione abbiano un discreto seguito anche Italia. Gli Hinder si erano guadagnati una certa notorietà, insieme ad altri colleghi quali Buckcherry e Three Days Grace, e a seguito dei buonissimi “Take It To The Limit” e “All American Nightmare” sono diventati una sicurezza per chi era in cerca di musica energica, testi da liceo e melodie dalla facile presa.
Divertimento ed energia, quello di viaggi in macchina, serate ignoranti, amori perduti e chiamate nel bel mezzo della notte a metterci di fronte ai nostri rimpianti e ai nostri fragili cuori ma dai riff grezzi. Insomma, questo ci si aspettava di trovare all’uscita di “When the Smoke Clears”. Invece, sotto una formula apparentemente rimasta intatta, spicca una voce diversa. Viene fuori che il cantante Austin Winkler ha abbandonato il gruppo ed è stato sostituito da Marshal Dutton, scelta che alle orecchie suona sbagliata. Ma clamorosamente. Inoltrandosi nella playlist e nel dramma Hinderiano notiamo che tutta la produzione è stata limata e imbonita per svecchiare un po’ il target di ascoltatori. Scelta legittima. Peccato che nel caso degli Hinder si vuole probabilmente passare da un età media di 16 anni a quella di 12. Vengono fuori dei pezzi che risultano imbarazzanti per la loro banalità, mancanza di mordente, non servono nemmeno per sottofondo ad una partita di biglie. Il pensiero inevitabile è che il cantante portasse con se ben più della metà del talento e della personalità dell’intera band. Il triste destino che accomuna gli Hinder con i loro colleghi Three Days Grace è questo. Sono un gruppo abbandonato e svuotato come una città fantasma.