L’omonimo album di debutto di Hozier è uscito da qualche mese ma è esploso nella pop chart da poco, trascinato dal suo singolo di lancio. E ovviamente qui in Italia la release esce solo ora.
Provate a mettere un qualsiasi canale musicale e se non sentite le note di “Take Me to Church” entro una mezz’ora al massimo, allora controllate che non siate sintonizzati su radio Maria. Il gancio ha funzionato, il singolo ha un numero di visite stratosferico su Youtube, il requisito primario del successo commerciale è raggiunto. Ma è davvero interessante scoprire cosa ci offre l’opera completa, i tredici pezzi composti dall’irlandese Andrew Hozier-Byrne.
Premesso che il singolo merita tutto il successo che sta avendo, con gli altri pezzi si matura la convinzione di avere a che fare non con un successo estemporaneo, come spesso accade nel genere pop, bensì con un talento ed una profondità compositiva – sia di musica che di testi – che non possono lasciare indifferente proprio nessuno.
Possiamo scommettere che pezzi come “Jackie and Wilson”, “Someone New” e “From Eden” sbancherebbero le classifiche se lanciati come singoli, con le loro melodie accattivanti sorrette da una produzione curata e mai banale, saturando la testa dell’ascoltatore con il loro refrain da cui è difficilissimo liberarsi.
Ci sarebbe già abbastanza carne al fuoco per giustificare il successo attuale e a venire di questo artista, ma attenzione, la sua voce profonda e particolare, la sua esecuzione emozionale e ricca di pathos, si aggiungono ad alcuni episodi incantevoli in cui emerge un tributo al gospel, al blues e al soul, ed il risultato sono delle canzoni davvero stupende che non sfigurerebbero nella cultura folk a fianco di mostri sacri del rock. Provate la deliziosa “In a Week”, l’oscura “To Be Alone”, o il canto gospel liberatorio (e momento migliore dell’album) “Work Song”. Il disco si chiude con la parentesi intimista di “Cherry Wine”, la perla di chiusura di un bellissimo viaggio.