I Cani – Aurora

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Ci sono alcune buone norme da utilizzare quando ci si approccia all’ascolto di un disco. Scindere l’idea che si ha dell’autore dalla musica, conoscere ma staccarsi dalla discografia precedente e soprattutto evitare di giudicare la qualità di un disco o un artista in base al pubblico dei concerti. Che poi è anche vero che ognuno ha i fan che si merita.

Vedi alla voce Lo Stato Sociale.

Buone abitudini utili fino ad un certo punto per il nuovo disco de I Cani. Scindere Niccolò dalla sua musica è un’operazione sempre più delicata. Come se conoscerlo, leggere le interviste, capire a fondo i testi, sia necessario per valutare i suoi dischi. E anche alla voce fan, sono sicuro che nel prossimo tour ci saranno grossi cambiamenti.

Questo perché “Aurora”, terzo disco della band romana, è un lavoro completamente diverso dai precedenti. Questo perché “Aurora”, terzo disco di Niccolò Contessa, è un gran bel disco.

Non che gli altri non lo fossero ma peccavano nel linguaggio, nell’hype, nei testi e nella musica di una visione molto limitata del proprio bacino di utenti. Il maremoto generato dal primo disco ce lo ricordiamo tutti. Una bomba atomica in grado di fare letteralmente impazzire migliaia di ragazzi ma allo stesso tempo creare uno stuolo di haters accaniti. Idem per il secondo album, senza il mordente del primo lavoro. Più intimo, più anonimo con qualche scivolone di troppo. Pieno di Niccolò e privo di Cliché generazionali troppo forti.

Che qualcosa fosse cambiato lo si è intuito già dai singoli, “Baby Soldato”, “Il Posto Più Freddo” e “Non finirà”. Diversi tra di loro ma simili nell’intenzione. La scrittura dei pezzi è diversa, questa volta Contessa lavora al piano e si sente. Ne escono pezzi pop meno devastanti per tiro e presa ma più curati nella scrittura e nei suoni. Nulla di complicato anzi, la pecca è proprio un po’ quella, cadere spesso in sulle stesse melodie ma non importa. L’album suona più vero, più suonato. Non è un pregio, è un dato di fatto.

La voce poi ora canta, non si limita più a scandire le frasi perfette per degli status su Facebook. La penna rimane ottima, a mio modo di vedere una delle migliori degli ultimi anni. Se già ce ne eravamo accordi con le irriverenti e geniali canzoni del primo album e se con alcuni brani di “Glamour” ci siamo convinti (“Lexotan” su tutti), è in questo disco che si consacra Contessa anche come paroliere. Uno stile tutto suo, impreciso, molto caratterizzato ma di qualità eccelsa. “Il Posto Più Freddo” ti scava l’anima.

“Aurora” non è comunque il disco della maturità compiuta. È un album di passaggio e si nota. Qua e là qualche scivolone c’è. Manca un po’ di coerenza e, appunto, una presa di coscienza maggiore a livello sia vocale che armonico nei pezzi. Non gli si chiede molto di più, ma un passaggio ulteriore è nelle corde, si sente, sta per arrivare.

Il disco è però assolutamente ben fatto sotto tutti i punti di vista e ha le capacità di farsi amare anche da chi fino a ieri ha denigrato I Cani. Cambiare, evolversi e farlo nel modo giusto. Non era facile a ripensare agli esordi, così sorprendenti da essere difficilmente superabili.

In tutto questo non ho ancora parlato delle canzoni. Oltre ai singoli, meglio gli ultimi due di “Baby Soldato” che pure è un pezzo da ascoltare a fondo, spiccano “Photobodhisattva“, musicalmente una bomba, “Questo nostro grande amore” per la genialità del testo in cui si paragona l’Amore a una marca o un bene di consumo. “Una cosa stupida” riesce, un po’ come “Il Posto Più Freddo” a toccare corde delicate. Il tutto fatto sempre con parole semplici, troppo semplici per credere che riescano a prenderti a schiaffi così forte.

C’è veramente tanto dentro questo disco, merita più ascolti, merita l’attenzione da parte degli snob e il riconoscimento a Contessa delle sue qualità, a prescindere dalla sua faccia da cazzo, dai pariolini e dalle ragazzine che affollano i suoi concerti. Glielo si deve.

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