John Mayer – The Search For Everything – Wave One

Notizia. È tornato John Mayer con musica nuova. Il modo di distribuirla è inusuale, ma non del tutto inedito. Un EP di quattro canzoni, che serve a dire “Signori, non sono scomparso nell’oblio dell’aridità compositiva. Ci sono ancora, suono ancora la chitarra, ho ancora voglia di veicolare quei quattro concetti in croce che vado blaterando sopra le mie scale blues da anni”. Il progetto prevede una serie di EP che assemblati formeranno poi un album intero con tutti i crismi, dal titolo ‘The Search For Everything’.

‘Wave One’ è la prima ondata, il primo reflusso che smuove i sassolini e la sabbia delle nostre attese, in una marea cresciuta grazie alle ultime uscite di Mayer dopo il buonissimo ‘Born & Raised’ e il successivo ‘Paradise Valley’, che anche se meno incisivo manteneva un ascolto piacevole e sempre molto delicato e elegante, prerogativa più spiccante di questo artista che spesso cade nella trappola del pop, con i richiami delle sue sirene (Katy Perry?) e i suoi lustrini, un’influenza negativa che anche se non dovrebbe si ritorce sulla sua produzione.

Hendrixiano fino al midollo, in questo ‘Wave One’ accantona le velleità tecniche e si concentra sulla presa immediata, senza virtuosismi strumentali, per la verità già praticamente scomparsi nelle sue produzioni, e puntando su un folk pop, pendente più sul secondo cardine, come dimostra la fine ‘Love On The Weekend’, celebrativa di quell’amore sempre inseguito e raggiunto di rado, ma prorompente quando arriva, estasi esclusiva, un porto sicuro in cui scappare dalla vita caotica. Con ‘Changing’ forma la parte centrale di questa pillola musicale, un pezzo classico del repertorio di Mayer, che strizza all’occhio al country melodico e passionale già ascoltato in ‘Born & Raised’. Ho lasciato per ultimo i due estremi perché sono la parte migliore dell’EP.

La ricerca ‘del tutto’ di John Mayer inizia con ‘Moving On and Getting Over’, un blues alla sua maniera, con parecchie assonanze con un certo Marvin Gaye, una canzone che crea un groove e un’atmosfera unica e godibile, lieve di toni ma con un incedere irresistibile, che farà ciondolare la testa anche ai casi più gravi di rigidità emozionale e articolare. Facciamo un testacoda e andiamo dove finisce questo primo passo in direzione del tutto. ‘You’re Gonna Live Forever In Me’ è la ninna nanna del focolare, la situazione rassicurante, classica, il maglione liso e la poltrona vecchia tramandata dai nonni, il tappeto dai colori brutti, il fischiettare iniziale scaccia le pesantezze del mondo di fuori e il dolce cullare di questo pezzo scaccia l’irritazione di un album che non lo è, della sua dichiarazione di un attesa lunga, di un’esperienza interrotta e spezzettata.

L’espediente di fare uscire un album a capitoli, o in un modo più brutale di dirlo, a puntate, non sortisce di certo un effetto positivo sul fan. Forse sull’ascoltatore occasionale o nuovo di un artista, e di certo su quello economico di vendite o streaming, ma per le vecchie cariatidi come me l’album deve essere un libro di vita di un artista, un’istantanea fatta e finita di un percorso vissuto in un determinato punto della sua carriera e della situazione, perché no, storica dell’uomo. Così mi sa di un diluire e allargare la presenza nei cataloghi del nome dell’artista, con il conseguente sbiadire del messaggio e del potere musicale del progetto. Magari sbaglio io, staremo a vedere. Nel frattempo godiamoci questa manciata di canzoni del buon Mayer, e attendiamo la seconda ondata.