“Rivals” è il terzo album in studio dei Kensington, band Olandese che difficilmente collochereste al di fuori dei territori anglosassoni. Mentre i primi due dischi – “Borders” e “Voltures” – hanno mantenuto un raggio d’azione circoscritto alla patria della formazione capitanata da Eloi Youssef, questo nuovo lavoro sta finalmente permettendo un più che meritato salto della staccionata. D’altra parte una band che in dieci tracce confeziona a dirla facile almeno sei/sette potenziali super-hit di stampo indie rock non può rimanere sconosciuta a lungo.
Ad un primo ascolto la domanda “ma sono i Kings of Leon?” può risultare lecita, complice il timbro del frontman non molto distante da quello di Caleb Followill. In effetti le strofe di molti brani ricordano i vocalizzi ruvidi del classic rock di “Mechanical Bull”, ma ci si accorge presto che la formula messa a punto dai Kensington è molto più fruibile e affonda le mani nel pop rock dell’ultimo ventennio come un bambino che scopre il pongo.
Così nascono brani dall’arrangiamento lineare come “All For Nothing” (colonna sonora del film olandese “Bloedlink”) e “Streets”, di pari passo con pezzi come “War” in cui le linee di basso tentacolari e quel genere di cori che han fatto la fortuna dell’indie folk degli ultimi anni sono in grado di fronteggiare qualunque futuro main stage. Il brano più divertente del lotto è “Done With It”, che con un groove imperante ed un ritornello irresistibile riesce a rendere piacevolmente assimilabili liriche che sembrano estratte dalla soundtrack de “Il Re Leone”. Certo, si fa per ridere, ma provate ad ascoltarla dopo aver letto questa frase e provate ad ignorare la fauna che vi marcia affianco al ritmo di “Oh-oh, I’m done with it, oh-oh, I’m done with it“. Il resto della tracklist continua a scorrere veloce e piacevole come i singoli di punta, senza particolari picchi creativi ma senza neanche cadere in segmenti ripetitivi.
Sicuramente dopo aver visto il successo planetario esploso in mano a recenti band costruite col compasso (Imagine Dragons, Bastille e compagnia) viene da chiedersi come mai suonino ancora principalmente nei Paesi Bassi, e si ritrovino a fare showcase gratuiti per farsi conoscere anche altrove. Eppure a breve non ci sarà radio internazionale che si priverà di questa perfetta macchina da hit che si sta plasmando con intelligenza, pazienza e uno stile che solo una città culturalmente viva come Utrecht potrebbe infondere. E di pari passo con il successo arriveranno anche i detrattori, ai quali inizia già a rizzarsi il pelo.
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