Lady Gaga – Joanne

Il nuovo capitolo della discografia di Lady Gaga è finalmente arrivato, e si intitola “Joanne”. È un album sfaccettato e coinvolgente, ma prima di parlarne in dettaglio vale la pena spendere due parole sulla scelta del titolo, cardine dell’opera. In caso aveste già letto fin troppo al riguardo sentitevi liberi di saltare il prossimo paragrafo, e passare al successivo.

“Joanne” è il secondo nome di Gaga, nonché il nome della trattoria aperta dai suoi genitori nell’Upper West Side di New York. Joanne era la zia della cantante, la sorella del padre: era un’artista, e morì a 19 anni senza mai avere modo di conoscere la nipote. Lady Gaga si è sempre sentita emozionalmente e artisticamente legata alla zia, sentendo di avere una doppia anima: una ribelle, la sua, e una appartenente a Joanne (come ha raccontato a Zane Lowe su Beats 1, il canale radio di Apple Music). Era arrivato il momento di renderle il dovuto tributo.

Musicalmente parlando, la discografia di Lady Gaga è un viaggio continuo: ogni album presenta nuove tematiche e nuove sonorità, come si addice a un’artista che non ha paura di cambiare pelle quando il momento è propizio. “Joanne” è lontano anni luce dal pop degli esordi, da “Paparazzi” e dal successo globale. E ascoltandolo non si può fare a meno di pensare che se “Artpop” non ha saputo replicare la fortuna di “Born This Way”, difficilmente qui si tornerà a quelle vette. Ma va bene così: ogni maturazione ha un costo, e la Lady Gaga che ascoltiamo in questo album è un’artista completa, che è saputa andare oltre alle hit per presentarci un album profondo. Dopotutto c’era già stato “Cheek to Cheek” a dimostrare agli ultimi scettici i numeri di Gaga, impegnata in una serie di classici jazz insieme a Tony Bennet.

Su “Joanne” la cantante è stata coadiuvata da una serie di pezzi da novanta: la produzione è stata nelle mani del co-autore di “Uptown Funk” Mark Ronson, Kevin Parker, voce dei Tame Impala, e Bloodpop, già al lavoro con Madonna e Justin Timberlake. Tra gli special guest, nomi non da meno: Beck, Josh Homme, e Florence Welch.

“Diamond Heart” ci accoglie concentrando tutta l’attenzione sulla vocalità, con una melodia spiccatamente ladygaghiana ma un arrangiamento meno electropop rispetto al passato. “A-YO” invece porta la cantante in quei territori già esplorati in “Yoü and I”, un pop ritmato velato di country rock. Un genere, quello del country, che ritorna più volte nel corso dell’ascolto, senza mai essere abbracciato ma sempre accennato e miscelato ad altre influenze. Ne è un esempio la title-track “Joanne”, toccante ballad folk, dove bastano una chitarra acustica e un tappeto d’archi a fare da accompagnamento a una voce dirompente. In “John Wayne” dove emerge un beat dance particolarmente acido, che non stona col mood del disco.

“Dancin’ In Circles” è forse uno dei momenti più deboli dell’album, un pezzo ballabile con un tocco di oriente nell’arrangiamento, una spanna o due sotto “Perfect Illusion”, il primo singolo estratto dal disco. “Perfect Illusion”, giudicato a un primo ascolto come un’insipida potenziale hit con lo sguardo rivolto al pop degli anni ottanta e novanta, guadagna punti dopo qualche ascolto. È difficile togliersela dalla testa, anche se questa non è certo una garanzia di qualità, e svolge al meglio la propria funzione di brano trainante nella promozione dell’album. Con “Million Reasons” si torna a fare davvero sul serio. È una delicata e potente ballad, dove pianoforte e voce conducono le danze“Mi hai dato cento milioni di ragioni per andarmene, me ne serve solo una buona per restare”.  

“Sinner’s Prayer” rievoca quelle atmosfere sonore da Ovest americano, trascinando l’ascoltatore in un mondo molto più polveroso e meno patinato di quello a cui è abituato, se ha conosciuto Lady Gaga arrivando dal mondo delle hit parade. “Come to Mama” invece è un ritmato mid-tempo dal sapore blueseggiante, con cori squisitamente black a supporto della voce principale, che sfocia un crescendo soul guarnito da fiati e archi. Un brano emozionante, che tocca quelle corde che rendono impossibile non muoversi e lasciarsi trascinare durante l’ascolto.

L’attesa collaborazione con Florence Welch arriva poco prima della fine, sulle note di “Hey Girl”. Il timbro della cantante dei Florence & The Machine è come sempre inconfondibile, e le due voci si supportano a vicenda alternandosi su una musica dal sapore retrò che guarda agli anni ottanta nell’andamento e nell’arrangiamento.

L’ultimo brano, escludendo le tre bonus track dell’edizione deluxe (“Grigio Girls”, “Just Another Day”, dal sapore beatlesiano, e il work tape di “Angel Down”), è la terza ballad dell’album. “Angel Down” parla dell’ennesimo “angelo caduto”: Treyvor Martin, ragazzo di colore ucciso dalla polizia americana. Un brano toccante e quantomai intenso, impossibile da ignorare quanto l’orrore che narra.

“Joanne” forse non scalerà le classifiche come i suoi predecessori (ma non ci scommetterei troppo in realtà), ma è un disco che vale la pena ascoltare più e più volte, un album capace di far divertire ed emozionare, riflettere, ballare e commuovere. E cos’altro si potrebbe mai chiedere a delle canzoni?

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