Lorde – Melodrama

Mi ha sempre fatto una paura fottuta, Lorde. Sguardo intenso, bellezza non convenzionale, è la più intelligente e perspicace della classe. Chi sono io a confronto? Sono il brufoloso seduto al banco dietro di lei, mai riuscirò a dichiarami. Quando mi passa la versione di latino durante il compito in classe – per lei uno scherzo, per me un disastro – sono al settimo cielo. In classe ci sono i festaioli che si schierano con Miley Cyrus e i secchioni che si schierano con lei, è guerra aperta.

I tempi delle superiori sono finiti però, e l’eroina del teen pop intelligente ormai ha compiuto 20 anni. Quattro anni sono passati dal precedente “Pure Heroine”, il debutto di minimal-electronica che tanto successo ha avuto a colpi di singoli come “Royals”, “Tennis Court” e “Team”. Quattro anni dopo si cambia squadra e si riparte alla carica: al posto di Joel Little (principale fautore del sound del debutto), prende il timone della produzione Jack Antonoff. Il chitarrista dei Fun è uno che inizia a farsi un nome nel giro degli hitmaker (in curriculum ha “We Are Young” dei Fun, “Out of The Woods” e “I Don’t Wanna Live Forever” con Taylor Swift), e arricchisce il sound della giovane neozelandese con una varietà di strumenti e sonorità che rendono il disco più facilmente digeribile, senza che le parti vocali vengano affossate o il sound di Lorde stravolto.

E di cosa ci canta a questo giro? La rottura col fidanzato storico (storico… vent’anni hai, bimba…) è stata un’esperienza segnante, nonostante cerchi di dissimulare nelle interviste a colpi di “no no no è un vago concept album sulla solitudine di per sé”. Però lei è una grande, è sveglia, e non lesina autoironia nel definire la questione ‘the fucking melodrama’. E il tutto è divertente, nel senso che intrattiene e non si piange addosso, eppure potente al tempo stesso. “Green Light”, il primo singolo, ne è un esempio perfetto: Lorde ha il dente avvelenato contro l’ex nella strofa, ma ora del ritornello sta già ballando. Ce n’è di carne al fuoco come la ballad “Liability” e la doppietta di “Sober”. Tanti sono i guizzi nei testi e le parti vocali memorabili. Grazie al cielo abbiamo la conferma di un’artista destinata a brillare per lungo tempo, e solo in poche occasioni si ha la sensazione di appiattimento sonoro sul pop contemporaneo. È il manifesto di un’ età, che potrà sì raccogliere solo sorrisi benevoli di comprensione dagli adulti che ci sono già passati, ma che è indiscutibilmente lucido, intelligente e poche volte banale. La ragazza ha carattere da vendere e a noi fa solo piacere esserne travolti. Lunga vita alla regina!