“Colpiscimi felicità” è il nuovo album del cantautore Luca Bassanese, prodotto da Stefano Florio. Luca, Targa MEI 2015 (Meeting Etichette Indipendenti) come miglior artista di musica popolare, già Premio Recanati Musicultura e Attestato di Merito per l’impegno Civile (Premio Nazionale Marcello Torre), rimane un artista in sintonia con i movimenti ambientalisti e di impegno civile, e lo attesta in questo nuovo lavoro, insieme di canzoni indirizzate alla ricerca della felicità nascosta tra le pieghe del quotidiano, dove l’artista si mette a nudo e racconta momenti della sua vita privata.
“Mi scuso in anticipo se tra le braccia della felicità il mio canto, nell’incedere dell’album, diviene un canto sociale, la felicità in fondo è anche la passione di un sogno condiviso con chi si ama e con il mondo” – così ci racconta l’artista noto anche all’estero per la sua musica che da anni porta avanti temi del sociale.
Luca si dimostra sempre impegnato e istrionico nel suo modo di affrontare temi e situazioni, ricordando quel filone di artisti che ha in Rino Gaetano il suo esponente più noto. Già il primo singolo, “Gli anni ’70 ed io che ti amo“, suona come un moderno déjà-vu dal profumo d’estate, dove l’amore prende le sembianze d’una felicità improvvisa, illuminazione del quotidiano.
“La parte migliore di te” è invece un brano spensierato e leggero dall’incedere quasi caraibico in cui chiaro è l’invito a cogliere e coltivare il meglio di se stessi senza troppe preoccupazioni, ma con la consapevolezza che è la parte migliore di noi di cui le persone, gli amici, gli affetti, il mondo stesso ha bisogno. Si parla di autenticità. La vita passa in questa canzone come in un film, su di un finale evocativo ricco di immagini che ci appartengono come in un flashback denso di poesia ed energia positiva.
“Sentirsi uno anche se siamo in due” è il brano tipicamente estivo nelle sonorità che rimandano alla bella stagione, il mare, il desiderio di viaggiare senza una meta precisa con la consapevolezza che dietro all’apparente felicità basta un niente per “sentirsi uno anche se si è in due”.
“Datemi un orto“. Con questa precisa richiesta Luca torna a essere il cantastorie provocatore, quasi profeta, che tanto successo ha anche all’estero. Il brano risuona come un’invocazione, come atto di libertà, slancio improvviso e desiderio profondo di ritornare alla terra, nel senso più concreto del temine, coltivare un orto che sia sul balcone di casa o su di un acro di terreno è forse una nuova forma di rivoluzione. “Siamo la pioggia e siamo il sole” è una canzone da ascoltare viaggiando, ricca di elementi evocativi, che sembrano cercare tra gli anfratti della quotidianità il senso dell’esistenza stessa nascosto tra le pieghe della vita. Una sorta di strana felicità in cui il desiderio di sentirci vivi è così forte da catapultarci all’improvviso in un giorno di sole e pioggia, in un temporale estivo, in un orizzonte di luce caleidoscopica, in un arcobaleno.
“L’amore benedetto” corre su note swing e danzerecce: si parla di una forza dirompente che crea in noi un’innata felicità. “L’extraterrestre” è la voce di chi non ha voce, di chi cerca la pace nella sua normale diversità: come un alieno padrone di niente che è qui per guardare e si trova senza volerlo al centro dell’attenzione. È la contrapposizione fra la normalità dell’eccezionale e l’eccezionalità nella normalità che spesso genera indifferenza anziché stupore, spegnendo ogni entusiasmo. “Canto sociale” è una ballata dedicata a tutti coloro che cercano nel quotidiano di dare un volto all’utopia, di chi nonostante tutto continua a cercare una soluzione ai problemi che lo circondano.
“Burocrazy” mette in luce il lato cosmopolita dell’artista veneto: un folle electro balkan, una ballata contro la burocrazia che troppo spesso toglie ossigeno alla nostra vita sommergendoci di carte e codici. Un inno alla libertà di essere umani. “Canzone del 29 giugno” più che una canzone è un racconto, un’intensa testimonianza attraverso musica e parole di una drammatica storia attuale da non dimenticare.
Quello di Bassanese è un esempio moderno, attuale, di come la musica può divenire ancora strumento per raccontare un nuovo mondo possibile, non di protesta ma di proposta, elemento di discussione e confronto. Con un linguaggio originale e diretto, mai paternalistico o retorico dove la violenza nella parola è messa al bando per lasciare spazio all’allegoria, al ragionamento talvolta surreale su fatti concreti, portando così l’ascoltatore a osservare gli eventi da angolature diverse fuori da ogni preconcetto.