Questa recensione, probabilmente, finirà su Facebook. La pagina del magazine per cui scrivo, se lo riterrà opportuno, la pubblicherà sulla propria bacheca taggando Maria Antonietta e chiedendo al sottoscritto un bel copy che possa in qualche modo attirare l’attenzione dei propri seguaci, nella remota possibilità di ricevere quantomeno qualche like al post. Poi ci sono io, che dovrò cercare di convincere in modo subdolo i contatti del mio profilo privato a leggere questa recensione e a mettere, ovviamente, like. Viviamo tempi pazzi e l’approvazione della gente, spesso sconosciuta, ci fa stare bene. Dicono. Da qui ne deriva un peso delle aspettative disumano, perché la recensione del nuovo album di Maria Antonietta, “Deluderti”, non deve essere troppo cattiva, non deve essere troppo positiva, e ovviamente non deve nemmeno essere troppo criptica. Insomma non dev’essere niente. Tipo una supercazzola.
Perché se ne parli male, gli addetti ai lavori si arrabbiano e non ti accreditano più a niente. Se ne parli troppo bene, sicuramente, qualcuno ti ha pagato per farlo e se sei troppo dettagliato nessuno ti legge perché risulti pesante. Che diavolo scrivo quindi? non è nemmeno un disco straniero. Coi dischi stranieri è più facile, perché puoi scopiazzare a destra e sinistra dalle recensioni estere. Lo fanno tutti. Riempire di parole un foglio bianco non è facile. Farsi leggere, poi, è ancora più difficile. Inoltre, vogliamo parlare del confronto con gli altri? Del tipo: “Madonna come l’ha descritto bene il disco, il recensore x del sito y. Perché non ci ho pensato io? sono proprio scarso”. Si può vivere in questo modo? Non credo. Alla lunga uno impazzisce. E sono convinto di essere molto vicino a quel giorno. Bisogna viverla meglio, con la consapevolezza di poter deludere, senza darci troppa importanza.
Dopo questo enorme preambolo da fuori di testa, ma comunque in tema, è arrivato il momento di parlare davvero di “Deluderti”, il nuovo album di Maria Antonietta che arriva a quattro anni di distanza dal precedente “Sassi”. Un tempo di attesa lunghissimo in quest’era così veloce comandata dalle playlist che hanno portato i più a pensare che i dischi non abbiano senso. Solo singoli, singoli e singoli. E poi ancora singoli. Io, invece, penso che i cd abbiano ancora senso, soprattutto se chi li crea ha qualcosa da dire come Maria Antonietta che dalla sua casa di Senigallia, lontana da tutto e da tutti, ha confezionato un album sublime.
Il tema centrale, meglio conosciuto con il nome di concept, del progetto sono le aspettative. Le nostre e quelle delle persone che ci stanno accanto. Affrontate il più delle volte mostrando una parte di noi poco veritiera, andando a togliere nel tentativo di adeguarsi agli altri ma senza mai riuscirci per davvero. Questo crea in noi un senso di inadeguatezza che ci porta a vederci imperfetti e mai capiti. Maria Antonietta in “Deluderti” affronta questo aspetto della vita, così astratto ma anche così attaccato alla realtà, con rabbia e leggerezza allo stesso tempo. Le nove tracce (prodotte da Maria Antonietta e Colombre a cui si è aggiunta la collaborazione di Tommaso Colliva e Fabio Grande), si ascoltano tutte d’un fiato e permettono all’ascoltatore di immergersi in un flusso positivo, che aiuta ad allontanarsi almeno per trenta minuti da tutte quelle preoccupazioni che noi stessi ci creiamo ad hoc. Inutile, quindi, star qui a nominare brani come fossero oggetti di una lista della spesa. “Deluderti” è un album che va ascoltato dalla prima all’ultima canzone. Maria Antonietta è andata di testa sua, senza inseguire determinate influenze, permettendosi il lusso di deludere. E nel farlo ha sorriso.