[Alternative Rock] Il Teatro Degli Orrori – A Sangue Freddo (2009)
Io ti aspetto – Due – A sangue freddo – Mai dire Mai – Direzioni diverse – Il terzo mondo – Padre nostro – Majakovskij – Alt! – È colpa mia – La vita è breve – Die Zeit
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Il teatro degli orrori è attualmente uno dei gruppi più interessanti del panorama alternativo italiano che è riuscito a guadagnarsi un consenso praticamente unanime sia su disco che dal vivo, e grande era l’attesa e la curiosità per il nuovo lavoro. Il merito principale del loro successo è certamente di Pierpaolo Capovilla e della sua irruenza canora, sicuramente unico nel modo di cantare, certamente più vicino alla recitazione che al “bel canto” italico. In questo contesto il cantato in italiano è quindi fondamentale, una scelta coraggiosa, ma necessaria vista la cura dei testi e la scelta attenta delle parole che concorrono a rafforzare e sottolineare quanto la musica sta ricamando.
Il nuovo lavoro si apre in maniera insolita con “Io ti aspetto”, un brano lento e sofferto con una dichiarazione d’amore delicata e struggente in seguito ad un abbandono, con una base di archi che rende la situazione quanto mai tragica e sospesa. Da questo punto di vista “A sangue freddo” è un disco musicalmente meno compatto rispetto al precedente, ma che tradisce una volontà precisa di indagare a fondo le cose, alla ricerca di uno spessore che non si fermi solamente alle sfuriate di stampo noise rock. L’aggressività certamente non manca, ma viene calibrata e adattata al contesto, usata con grande abilità solo dove veramente necessario.
Passando attraverso brani che potrebbero essere definiti “classici” nelle strutture e nelle liriche per Il teatro degli orrori, come ad esempio “Due”, “A sangue freddo”, “Mai dire mai”, “Alt!” (l’alter ego di “Carrarmatorock!”), a questi si accostano pezzi inediti e molto interessanti, oltre al già citato “Io ti aspetto” fanno capolino “Direzioni diverse”, realizzata in collaborazione con Bob dei Bloody Beetroots, che porta l’elettronica ad essere protagonista con un risultato veramente sopra le righe, e ancora “Majakovskij”, un brano di rara intensità emotiva, in cui si esterna tutto l’amore di Capovilla per il teatro, con un omaggio “All’amato me stesso” del poeta russo. Si chiude infine con le atmosfere cupe di “Die zeit”, che in qualche modo rimanda e dialoga con l’inizio del disco, ma su ben altri toni, in questo caso l’amore è finito e restano soltanto i ricordi che riaffiorano, con la recita ossessiva di quel “tu non mi ami più, ed io nemmeno” che diventa una sorta di mantra, nell’attesa che lo scorrere inesorabile del tempo faccia il suo corso.
Livio Novara