Degli Arbouretum avevamo già parlato brevemente in occasione del loro “Song Of The Pearl”, buon disco di moderno vintage rock. A due anni di distanza ritornano con un’opera che si rivela prosecuzione in tutto e per tutto degli intenti artistici mostrati dal predecessore, intenti che la band, dopo esordi legati ad un folk rock piuttosto tradizionale, sta mettendo sempre più a fuoco.
Così, “The Gathering” fa sempre leva su lunghe perorazioni di chitarra acida, blues saturo di elettricità, lentezze spiraliformi e freak folk umbratile e onirico. C’è però una maggiore raffinatezza in questo nuovo episodio, che sviluppa il discorso musicale in senso più melodico. È quanto accade in “When Delivery Comes”, che potrebbe essere una canzone di Crosby, Stills & Nash riletta da Jimi Hendrix per la parte chitarristica. Oppure nella successiva “Destroying To Save”, ballad elettrica in cui il neo – folk inglese dei Sessanta si scontra con l’hard (sempre inglese) dei Settanta, dai Led Zeppelin ai Black Sabbath passando per gli Uriah Heep. Tutte buone composizioni, ma ancora una volta gli Arbouretum danno il meglio di sé quando svalvolano con fuzz e simili nelle scorie psycho di “Waxing Crescents”, dalla coda percussiva e ipnotica, nella catalessi lisergica di “Song Of The Nile”, fra Pink Floyd e stoner alla Monster Magnet, e soprattutto nell’apripista “The White Bird”, grasso hard blues dall’insolito afflato epico e dall’assolo ciclopico, che termina in risonanze spaziali in chiave Hawkwind.
Fin’ora ho citato tutti grandi nomi del passato. D’altronde gli statunitensi non guardano certo al futuro, preferendo ispirarsi all’antico con passione e devozione. Tuttavia, se volessimo trovare dei riferimenti contemporanei, potremmo dire che il sound degli Arbouretum si situa al crocevia fra Dead Meadow, Bardo Pond e Mondo Drag. Con alcune deviazioni verso gli ultimi Midlake. Davvero una buona prova, anche se manca ancora qualcosa per diventare realmente grandi.
Stefano Masnaghetti