Yarn – Waiting for the tide – Turquoise eyes – It’s not my day – Valerie Lake – Come back in a stormy day – A new play – Vanity Mirror – Memoirs of a silhouette – Joyful – Never Kind
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I Vivianne Viveur hanno all’attivo un solo cd prima di questo ed una notevole quantità di esibizioni live, vivono ormai stabilmente a Londra da alcuni anni.
Sanno perfettamente dove vogliono arrivare, ed i riferimenti sono chiari fin dal primo ascolto: sparsi un po’ ovunque in questo lavoro troviamo echi di new wave che ci riportano ai Cure e dichiarazioni d’amore per le derive più punk del genere. I riff di chitarra sul finale di “Come back in a stormy day” ricordano da molto vicino i vecchi pezzi dei Placebo, così come “Turqoise Eyes”, che si avvolge in un labirinto sempre più distorto e sfuma poi in un’elettronica soffusa. La voce, probabilmente a causa dello stesso amore per la psichedelia, ricorda quella dei Jennifer Gentle, scevra del manierismo, però, e quindi senza dubbio più interessante.
Bellissimo l’inizio, con la notevole “Yarn” che si apre invitandoci ad ascoltare, con una voce che ci guida dentro un paesaggio intravisto da un buco nel soffitto, attraverso un’ossessione, o gomitolo (Yarn) che dir si voglia. Pregevole il tentativo, spesse volte riuscito, di legare strettamente le dinamiche al testo cantato, tentativo che però a volte cade negli stereotipi: “Joyful”, ad esempio, uno dei brani meno interessanti, risente troppo, dei clichè abusati sul binomio tristezza/felicità.
Un cd di atmosfera, leggero e oscuro come sembra piacere a molte band negli ultimi tempi, se i Vivianne Viveur riusciranno a liberarsi dell’ingombrante fantasma di Molko che aleggia fin troppo spesso nelle loro composizioni, sapranno di sicuro regalarci grandi pezzi.
Francesca Stella Riva