Panthalassa (Lampetra Tridentata) – La Brea Tar Pits (Pseudomonas Putida) – Sutterville (Vibrio Cholerae) – Dead Man Slough (Pacifastacus Leniusculus) – Throwing A Donner Party At Sea (Physeter Catodon) – Sevengill (Notorynchus Cepedianus) – Mormon Island (Alluvial Au) – Blue Linckia (Linckia Laevigata) – Emerald Bay (Prionace Glauca) – Rubicon Wall (Acipenser Transmontanus)
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I Giant Squid confermano quanto di buono si diceva di loro già dal precedente Metridium Field. Il Calamaro Gigante nasce da un insensato e allucinante frullato di Mastodon, Black Sabbath, Neurosis, Rush, Godspeed You! Black Emperor, King Crimson, Crisis, Pink Floyd, qualcosa di jazz, roba etnica spruzzata qua e là e tante cose che ora mi sfuggono: il risultato è musica che va dritta al cervello facendovi entrare per direttissima in un curiosissimo trip fatto di immagini liquide col vizio di solidificarsi di tanto in tanto, che vi porta in dimensioni eteree per poi mettervi comodi davanti a un vetro per farvi osservare alcuni dei vostri incubi fare a pugni.
The Ichthyologist (totalmente autoprodotto dalla band), rispetto al predecessore, rallenta i tempi, allarga le dimensioni e aggiunge sfaccettature. Le 10 tracce sembrano quasi foto del mare fatte col grandangolo e ricchissime di dettagli nascosti: all’apparenza sembra tutto uguale, la superficie è quella, ma appena sotto si agita un mondo misterioso, strano, pauroso ma affascinante e, in fin dei conti, sicuro, facendo di ogni ‘scatto’ una storia a sé.
La forma musicale di questo album è dura da descrivere, al di là delle influenze elencate in apertura di recensione. Ci sono chitarre grasse e distorte, batteria, trombe, voci filtrate, voci sussurate, voci urlate, notevoli in questo caso gli interventi di Karyn Crisis (Throwing A Donner Party At Sea) e di Anneke Van Giersbergen (Sevengill), il tutto senza risultare pesante, duro, estremo… Insomma, procuratevelo che ne vale davvero la pena!
Stefano Di Noi