I Bord de l’Eau, mezzo francesi (la vocalist Dorothy Cérie) e mezzo savonesi (Mauro Guazzotti, aka MGZ, deus ex machina), sfondano a calci la porta ed entrano con passo fiero nel mondo dell’elettronica da rave, della techno scassona e demodè, con quattordici pezzi di gusto dubbio, molto auto compiaciuti e soprattutto divertiti.
Sintetizzatori, chitarre riffettose, cassa ossessiva, tutto secondo il manuale di quello che va nei dancefloor negli ultimi tempi, senza però dimenticare, appunto, una certa attitudine passatista e demenziale che è quella che rende il disco gradevole, se non bello. Il cattivo gusto come parodia, forse il fulcro è anche un po’ questo: vi facciamo qualcosa di assolutamente ballabile, scemotto, ma sotto ci facciamo passare dei testi tutt’altro che stupidi, così muovete il culo mentre vi gridiamo il disprezzo per la società (Fuckin’life) che ci appartiene. Peccato che i testi, se non stupidi, puzzino terribilmente di aria fritta, e che la posta in gioco sia troppo bassa. L’ironia, marcata o no che sia, non è palpabile al primo colpo, ci colpisce l’invadenza della batteria, spiazzano le voci cantilenanti sempre uguali che fanno sembrare l’album un’unica grande canzone, l’idiozia e l’intento sovversivo o critico non sono abbastanza polarizzati, ma anzi si mischiano fino a diventare inscindibili l’uno dall’altro, non interpretabili.
La prossima volta, meno edonismo potrebbe fare comodo.
Francesca Stella Riva