Valhalla Dancehall. Un titolo tanto mistico quanto molteplice nei significati non poteva che essere il più azzeccato per un disco come questo, il quinto full-length (a cui si intramezzano altrettanti EPs) per i British Sea Power, band di Brighton che da più di una decina di anni naviga nel limbo delle promesse non ancora esplose, nonostante il successo (quantomeno nel mercato UK) di “Open Season” del 2005 e di “Do You Like Rock Music?” del 2008.
In “Valhalla Dancehall” non si può non notare l’assoluta eterogeneità degli stili che pervadono l’album stesso ma a volte, addirittura, si fondono nella stessa traccia, tanto da lasciare un po’ sbalorditi all’ascolto di canzoni come “Luna”, ballata malinconica e “Georgie Ray”, forse la canzone più lontana dal sound tipico dei British Sea Power emerso in “The Decline Of British Sea Power”, ma sicuramente uno dei migliori pezzi dell’album. Meritano un accenno anche brani come “Mongk II” e “Thin Black Sail” in cui possono essere riconosciute sonorità dark accomunabili agli Interpol ed ai The National e episodi come “Baby” e l’interminabile “Once More Now” in cui si possono ritrovare accenni agli Arcade Fire ed ai Sigur Ròs.
La voglia di sperimentare del gruppo appare chiara e meno dispersiva in confronto ai lavori precedenti; nonostante ciò, la band di Brighton sembra sempre ad un passo dallo sfoderare un capolavoro, quel fantastico mix di sonorità e tematiche che ogni band indie rock va cercando. Questo passo prima o poi andrà fatto, di certo non mancano le potenzialità a Yan, Noble, Hamilton e Wood.
Probabilmente, dopo quasi dieci anni di attività, i British Sea Power hanno, anche grazie a “Valhalla Dancehall”, trovato la strada giusta; ora non gli resta che avvicinarsi alla meta.
Grazie a Federico Croci