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Torna l’inossidabile padrino dell’ambient, sua maestà l’alieno Brian Eno, con una nuova serie di paesaggi sonori. In combutta con Leo Abrahams alle chitarre e Jon Hopkins alle tastiere, il musicista inglese ha raccolto una serie di improvvisazioni, rimodellandole in temi musicali coerenti sulla falsariga di colonne sonore (diversi elementi sono nati da idee originali per il film “Gli Amabili Resti” di Peter Jackson).
Il titolo dell’opera è quantomeno fuorviante, dato che non c’è traccia di ‘barchette su un mare di latte’: l’opener “Emerald And Lime” è un rilassato specchietto, per le allodole…alla seconda “Complex Heaven” si è già nella paranoia pura. Desolazione, nebbia, paesaggi urbani…atmosfere più vicine a Lynch o a un Silent Hill. I ritmi percussivi tribali della title track e di “Flint March” aumentano la tensione e il senso di disagio, fino a sfociare nelle schitarrate di “2 Forms Of Anger”. Uno stile inedito per gli standard di Eno, e che ricorda addirittura le uscite più ambient di band come i Nine Inch Nails. In questo paragone sono racchiusi i pregi e i limiti del disco: Eno è come sempre al passo coi tempi (se non più avanti) e i suoni sono ottimi, ma come disco in toto non è niente di particolarmente innovativo: sembra appunto in linea con artisti che, in teoria, proprio da lui sono stati influenzati.
Il disco prosegue con una parte centrale più elettronica e sperimentale e una coda più atmosferica, molto evocativa ma forse un po’ troppo lunga. Materiale molto moderno da parte di Brian Peter George St. John le Baptiste de la Salle Eno, ma non rivoluzionario.
Marco Brambilla