Prendiamo le dita di una mano. Dieci. Se la storia della musica elettronica passasse attraverso dieci dita, una sicuramente sarebbe per gli Autechre.
Con venti anni di attività sul gobbo, il progetto di Rob Brown e Sean Booth è ancora vivo, ed è uno dei capisaldi della Warp, etichetta omen della scena. Certo, il duo negli anni 90 si è creato la fama, ha guadagnato medaglie, trofei e coppe costruendo una stella fulgida nel firmamento della musica mondiale.
Poi negli anni zero gli Autechre hanno prodotto ancora musica. Non più geniale. Buona musica, s’intende. Ma normale. Ed è quello che sono ancora oggi.
Forse anonimi in un panorama che ha superato un certo tipo di elettronica ed ora vive sulla fiamma del minimalismo.
Dopo gli ultimi due dischi in discesa, questo disco non scuote nessuno. I territori sono stati esplorati. Adesso il suono par tornare ad essere meno ispido e sperimentale. Par rilassarsi su lande ambient, par aprirsi verso spaziosità e virare a distensioni più “pop” con l’aggiunta di arpreggi. Più armonici e immediati quindi delle ultime prove. Troviamo qui alcune buone tracce, altre più noiose.
Tirando le somme: non un passo avanti. Nè uno indietro. Uno laterale, diciamo.
Luca Freddi