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Nevica Su Quattropuntozero è il nuovo progetto di Gianluca Lo Presti, cantautore elettronico che scrive musica da vent’anni e vanta, oltre alla vittoria del premio Recanati, una collaborazione musicale con Blaine Reininger dei Tuxedomoon (compianti idoli della New Wave degli anni ottanta) e una con Lucio Dalla.
La ricerca musicale di Lo Presti passa tutta dall’elettronica, ricalcando i passi già compiuti dai Lali Puna e dai loro cugini Notwist, ma si dirige poi verso una dimensione più “cantautorale”, nell’accezione tutta italiana del termine. Quella direzione che ti fa sì pensare ad un orientamento più sociale dei testi e ad una maggiore ricercatezza ritmica e metrica ma anche, spesso, ad un tasso di noia e qualunquismo un po’ più alto della media, con quel sapore di paternale che rimane come retrogusto e non va via neanche se ti sciacqui la bocca per un po’.
La parte più strettamente musicale è impeccabile, o quasi, pur nella sua poca originalità: lo si deve soprattutto all’enorme esperienza di Lo Presti, che rende “Lineare” una macchina di suoni “catchy” perfetti per i tempi che corrono, che non faranno scontento nessuno se non chi queste cose le conosce già da un po’.
Sono i testi, invece, a non rispettare le aspettative.
Altalenanti, fra le dichiarazioni avvelenate di “Stanotte Ho Ucciso Lola”, i momenti di lucidità e le sbrodolate addosso (entrambe in “Le Ragioni Che Non Ho”, che passa dall’illuminante ritornello alla bambinesca riflessione sul premio Tenco e le canzoni piene di “parolacce”), ci propongono poi persino le accuse fuori luogo dettate dalla rabbia dopo un funerale (“Rapporti Umani Interrotti”) e la vita da diverso/gay/travestito/nonsicapisce della traccia di apertura.
“Lineare” soffre della voglia di scrivere profondo e della mancanza di saperlo fare con le parole giuste, o con le quantità giuste di esse. Si poteva fare di più, considerata l’esperienza dell’autore, e il “fare di più” sarebbe potuto passare attraverso un marchio più deciso e personale sulle melodie e qualche sottinteso, qualche espediente narrativo in più nei testi, forse troppo sparati di pancia, forse troppo forzatamente “altri” per tematica. L’impressione è quella di un disco che non convince, soprattutto per la troppa monotonia.
Francesca Stella Riva