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Stiv è un dj radiofonico, e un dj di quelli che remixano, un cantante, un polistrumentista, uno scrittore.
Stiv ha sfornato un sacco di dischi, collaborato con un sacco di gente (il Faso di Elio e le Storie Tese, Alessandro Bergonzoni, Boosta, Nelly Furtado, Jovanotti), ed ora conduce anche un programma sul satellite.
Stiv ci tiene a farci sapere che il suo disco è il connubio perfetto fra elettronica, psichedelia e rock, e che i testi non sono importanti, sono divertissement creativi che ricordano il primo Battiato.
La gente dice che Stiv è bravo, forse lo dicono anche le casalinghe (magari sotto i trentacinque) e i parvenu della musica alternativa italiana.
Questo album è brutto. Senza se e senza ma.
Nonostante le collaborazioni, gli apprezzamenti, i featuring (Lisa Lilies On Mars vince il premio di peggiore vocalist del disco, mentre i complimenti vanno a Marina Mulopulos, che ingentilisce l’orrore di “Strawberry Kiss”).
Questo disco è brutto da ascoltare dall’inizio alla fine, è privo di spessore e banale.
Musicalmente è una secchiata gelida di stili poco coerenti fra loro e, se qualche bagliore di creatività ogni tanto affiora (in “Eudonomia”, ad esempio) il resto vive di scopiazzature più o meno evidenti. I testi ci potevano essere tranquillamente risparmiati, magari in favore di un più ampio spazio alla melodia.
Che ne dici, Stiv, di un album strumentale, la prossima volta? No, perché di raccapriccianti banalità come “Male Nostrum”, elenco del male e del bene qualunque (Cocaina/Persone Che si Abbracciano, Mafia/Ballare Sotto Le Stelle, eccetera) che mangia nel piatto di Madaski, o di sferzate contro il nulla in stile “Black Porpora” (“La casalinga apprezzerà questa sfigata popstar”) la musica italiana non ha nessun bisogno.
E nemmeno della sua spocchia, Mr.Stiv, che arriva chilometri prima di lei, e non può esserLe perdonata, vista la scarsa qualità dei suoi pezzi.
Nessun genio, nessuna idea, nessuna creatività.
Francesca Stella Riva