[Folk Rock] Tom Morello The Nightwatchman – The Fabled City (2008)
The Fabled City – Whatever It Takes – The King Of Hell – Night Falls – The Lights Are On In Spidertown – Midnight In The City Of Destruction – Saint Isabelle – Lazarus On Down – Gone Like Rain – The Iron Wheel – Rise to Power
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Il 2008 ha visto un vero e proprio en plein per Tom Morello: non solo i suoi Rage Against The Machine si son riuniti, ma è anche uscito il suo secondo cd solista “The Fabled City”.
Come ben si sa a differenza delle canzoni dei Rage Against the Machine, notoriamente aggressive e ribelli, i pezzi solisti di Morello sono essenziali e riflessivi, corredati unicamente di voce e chitarra folk.
Ad un primo ascolto si capisce subito che ci si trova davanti ad un disco senz’altro d’autore e con contenuti a dir poco attuali. “The Fabled City”, infatti, è la rappresentazione del mondo visto dagli appartenenti alla working class americana. La frase emblema della condizione di questa fascia di popolazione è presente proprio nella title track, che dice “la città incantata ha pavimenti dorati ma cancelli di ferro separano i ricchi dai poveri”.
Ma se dal punto di vista del contenuto non c’è nulla o quasi da obiettare, non si può dire lo stesso dal punto di vista musicale. Ogni canzone è prevedibile, priva di scelte melodiche in grado di sorprendere l’ascoltatore e neanche le collaborazioni con Shooter Jennings (in “The Iron Wheel”) e Serj Tankian (al fianco di Morello anche nella creazione dell’associazione no – profit “Axis of Justice” che si occupa di giustizia sociale) riescono a risollevare le sorti di quest’album. “Lazarus on Down” in particolare, con Tankian nei cori, risulta un timido tentativo da parte della voce dei System of A Down di dare la sua tipica impronta ma senza riuscirci appieno. Le tracce da ricordare di “The Fabled City” sono “Rise to Power”, la quale presenta atmosfere oscure perfette per rappresentare il pessimismo del popolo americano e “The Fabled City”, dotata di una gradevole melodia a metà tra l’atmosfera incantata e il western, e di lyrics pienamente esplicative della condizione sociale del ceto medio-basso statunitense. Anche “The King of Hell” è interessante con la sua melodia drammatica. Peccato per “Whatever it Takes”, totalmente da dimenticare dato che nel clima pessimistico dell’album sembra che c’entri ben poco.
In definitiva, non un lavoro ottimo musicalmente parlando, ma davanti a contenuti così profondi giù il cappello.
Claudia Falz