[Hard Rock] Ac/Dc – Black Ice (2008)

 

Rock ‘n Roll Train – Skies On Fire – Big Jack – Anything Goes – War Machine – Smash N Grab – Spoilin’ For A Fight – Wheels – Decibel – Stormy May Day – She Likes Rock N Roll – Money Made – Rock N Roll Dream – Rocking All The Way – Black Ice

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Etichetta discografica

Gli Ac/Dc  sono uno dei gruppi che ha mostrato maggior coerenza nella lunga storia del rock (duro e non). Se per alcuni tale coerenza è stata fin troppa, tanto da considerarla un difetto, il grande pubblico non ha fatto altro che premiarla ripetutamente, tanto da farli diventare la seconda band per numero di album venduti dietro ai soli Beatles. Detto ciò, il precedente “Stiff Upper Lip” aveva parzialmente deluso le aspettative dei fan duri e puri per via di una marcata vena blues dalla quale i fratelli Young parevano essere posseduti ai tempi e che si discostava non poco dal predecessore “Ballbreaker”.

“Black Ice”, primo disco con la nuova etichetta ed anticipato dalla consueta mastodontica campagna promozionale, arriva a ristabilire un po’ le cose. Va detto subito che ci troviamo di fronte ad un album 100% Ac/Dc e chi li conosce sa a cosa mi riferisco. E’ sufficiente l’opener “Rock ‘n Roll Train” per far sì che il piede inizi a battere come ai vecchi tempi e la successiva, corale, “Skies On Fire” ci riporta immediatamente alla fine degli anni 80; è però con “Big Jack” che l’ascoltatore si renderà conto di quanto tempo è passato dall’ultimo pezzo con questo tiro: potente, lascivo e dal ritornello che si stampa in testa e non ti lascia più. La prima vera sorpresa è costituita da “Anything Goes”, lontano anni luce da qualsiasi cosa fatta dal gruppo in precedenza e sorta di pezzo AOR che sbancherà senza dubbio il mercato d’oltreoceano. La sensazione è che il disco non sia solo privo di filler, ma anche spinto da un’ispirazione autentica e da riff che Angus non tirava fuori da moltissimi anni. Episodi come “Wheels”, compatta dall’inizio alla fine, il boggie rock di “Stormy May Day” (uno dei punti più alti dell’album) o la viziosissima “She Likes Rock ‘n Roll” non lasciano dubbi sulla forma dei cinque. Il timore più grande, la tenuta vocale di Brian Johnson, è definitivamente fugato: non avrà più l’estensione di un tempo, ma si diverte ad utilizzare toni mai usati e con la sua attitudine sporca e grezza rimane una delle voci più caratteristiche del circo del rock.

Il resto del gruppo non perde un colpo, con la solita sezione ritmica d’assalto (Phil Rudd è commovente e Malcolm sembra non risentire del passaggio degli anni) e gli assoli di Angus mai fuori luogo. Il ritornello insistito ed il riff geniale della title track rappresentano la degna conclusione di uno dei dischi dell’anno. Rock ‘n roll ain’t noise pollution.

Luca Garrò

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