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Samuel Roy Hagar, Sammy per gli amici, ha alle spalle una carriera ultratrentennale e non riesce a scomporsi (perché mai dovrebbe?) nemmeno col suo nuovo Cosmic Universal Fashion anzi, rincara la dose di tequila e realizza un disco dei suoi, cafone e spocchioso come da prassi, mantenendo fede ad uno standard qualitativo più che sufficiente per invogliare l’ascoltatore a reinserirlo nel lettore con una certa costanza.
E pensare che avevo ponderato una più o meno netta stroncatura dopo lo stillicidio sonoro dei primi tre pezzi (Cosmic Universal Fashion, Psycho Vertigo e Peephole), il peggio mai visto e sentito dall’hard rocker americano che torna in sella rapidamente e comincia a dare gas come si deve: un contro-filotto di “sei brani sei” che preannuncia il miglior Hagar dell’ultima decade. Contrasto così netto che, chissà perché, quasi mi induce a credere che sia voluto.
Sammy, consapevole dei suoi mezzi, si cala nuovamente nel personaggio che l’ha reso celebre e confeziona una serie di ritornelli pacchiani e altrettanto irresistibili, Switch On The Light e 24365 prese a campione sintetizzano il mio pensiero. Sono i continui innesti di chitarra elettrica a conferire quella marcia in più, l’apocalisse delle distorsioni ha il suo tripudio nella cover dei Beastie Boys, Fight for Your Right To Party, e nella focosa I’m On A Roll, dove il buon Hagar sembra fare il verso ai Guns n’ Roses dell’era Welcome To The Jungle. Da evidenziare, infine, il gancio definitivo di When The Sun Dont’ Shine e la sua melodia di gran gusto.
Cosmic Universal Fashion non è affatto un disco malvagio, è un piacevole passatempo concepito da un musicista che in passato ha realizzato brani di ben altro spessore artistico. Da ascoltare con attenzione prima di un eventuale acquisto, trattasi di un album divertente che regalerà qualche momento di svago nei ritagli di tempo.
Gaetano Loffredo