[Indie Pop] Sikitikis – Dischi Fuori Moda (2010)


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Sikitikis non è uno scioglilingua, è il nome di un gruppo sardo qui al terzo disco. In realtà i primi passi di Jimi e Diablo sono precedenti alla fondazione della band: infatti, negli anni Novanta i due erano già attivi nei Canidarapina, chiaro omaggio all’opera prima di Quentin Tarantino. Solo nel 2000, con l’arrivo di Zico e Regiz, nascono i veri e propri Sikitikis, d’ora in poi stabili nella loro formazione a quartetto. Tuttavia l’amore per il cinema continuano a portarselo dietro; i loro primi esperimenti sonori si basano su reinterpretazioni di colonne sonore italiane degli anni Sessanta e Settanta, fra le quali non possono mancare quelle dei poliziotteschi (Roma a mano armata). Notati da Max Casacci, escono per la sua Casasonica i primi due dischi, “Fuga dal deserto del Tiki” (2005) e “B” (2008), ma il complesso continua ad interessarsi all’aspetto visivo della musica, collaborando a colonne sonore di nuove pellicole e sonorizzando vecchi capolavori della celluloide (“La decima vittima” di Elio Petri, fra le altre).

“Dischi Fuori Moda” esce per Infecta Suoni & Affini (ma è distribuito da Venus Dischi), sancendo un cambio di etichetta e, contemporaneamente, un affinamento del suono da parte dei Sikitikis. Le chitarre, loro, non le hanno mai usate, quindi non è una novità che la base musicale sia interamente affidata a basso, batteria, tastiere ed effetti elettronici (la cosiddetta ‘fabbrica di suoni’ di Diablo). Ma questo è il loro disco ‘pop’, e quindi le strutture si fanno più quadrate e dirette, il wall of sound mischia basso e synth in una soluzione compatta e omogenea, con la batteria dietro a incalzare e la voce pulita e cristallina, registrata quasi sempre in primo piano e raramente effettata, a scandire testi il più delle volte taglienti, sarcastici e quasi mai banali, fra cui si elevano dalla media “Salvateci dagli italiani”, “Amore sul Mac”, “Uccidere compagni di scuola” e l’ironica filastrocca di “Avere trent’anni”, cantata sopra una marcetta sghemba. Nessuna concessione, quindi, alle atmosfere filmiche e al garage dei capitoli precedenti; qui piuttosto si tiene fede al titolo dell’album, ricollegandosi alla tradizione della canzone italiana, soprattutto quella dei Sessanta (Voglio dormire con te), e riscoprendo suggestioni electro (“Tiffany” e “Tu sei muta, io sono sordo”), filtrate però da una sensibilità retrofuturista, che incrocia suoni vintage (l’hammond di “Malamore”, i continui riferimenti alle musichette dei primi videogiochi) e produzione contemporanea.

Quando parlo di retrofuturismo non voglio alludere agli Air e ad esperienze simili, che con i Sikitikis non c’entrano nulla. Questo è un disco molto italiano, sia nella musica sia nelle parole, quasi cantautorale, non fosse per la dimensione collettiva, fondamentale nell’esperienza del quartetto. Ed è un buon disco, soprattutto per il fatto di riuscire ad essere personale e inclassificabile in nessuna moda odierna (niente recuperi wave né citazioni da Radiohead o Coldplay, per intenderci). Manca forse un po’ d’incisività e di varietà, eppure questi musicisti riescono a dire qualcosa che altri non dicono. Da tenere d’occhio.

Stefano Masnaghetti

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