Folios, The Company I Can’t Get, X Off Days, The Door Opens, MMV, Seven Days And Seven Nights, Wages Of Sleep, Body And Soul, My Neighborhood, The Idea Of You
Dal 1999 hanno cambiato ragione sociale e si chiamano The New Year, prendendo nelle loro fila anche l’ex Codeine e Come Chris Brokaw.
Il primo disco “Newness Ends” era discreto, molto compatto, e scorreva via con gran sincerità. Il secondo era davvero convincente. “The End Is Near” ha regalato lacrime e brividi a non finire.
Ed ora siamo al terzo che esce dopo ben quattro anni di scrittura ed un lungo periodo in studio, a dimostrare ancora la loro figura aliena ad ogni pressione esterna.
Le coordinate rimangono indirizzate verso Red House Painters e Leonard Cohen. Rimane un senso di intimità portante. Ma rispetto ai dischi precedenti cambia molto.
Si nota in tutti i brani molta più sensibilità, basti pensare quante volte le melodie sono incentrate e sorrette dal pianoforte. Spariscono quasi del tutto le spigolosità, favorendo un’indolenza romantica. La partenza ricorda l’ultima traccia dell’ultimo disco dei Bedhead ma poi, mentre si aspetta il crescendo e riempimento di strumenti, l’opening si stoppa. E per trovare un’apertura davvero elettrica si deve aspettare l’accensione del meccanismo tanto caro al Kadane-core solo alla fine dell’ultimo brano.
Mancano molti incastri e forse non si trovano proprio dei pezzi che fanno gridare la malinconia interna di ognuno. E a conti fatti l’album rappresenta un passo indietro, anche se stiamo parlando di una discreta raccolta di canzoni, cosa che, decontestualizzando il loro percorso negli anni, è un risultato finale che spesso manca a molte band attuali.
Luca Freddi