Death – To Lose My Life – A Place To Hide – Fifty On Our Foreheads – Unfinished Business – E.S.T. – From The Stars – Farewell To The Fairground – Nothing To Give – The Price Of Love
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Debutto per la band inglese, ovviamente pompato di brutto dalla stampa d’oltremanica. A quanto pare, a casa della Regina, ora è fonte di godimento ascoltare dei ragazzini che recuperano generi vecchi di secoli, piuttosto che suonare qualcosa di nuovo.
Stavolta abbiamo la solita band indie rock (che poi non è indie per davvero ma fa niente) pronta a recuperare sonorità vicine a The Smiths, Joy Division e in generale dark wave e new wave dei primi anni ottanta. Quindi basso in evidenza, batteria costante e ballabile con riverbero sul rullante, voce da crooner, fredde tastiere, chitarre al minimo indispensabile. Paradossalmente gli episodi migliori del disco sono quelli più spudoratamente anni ’80, come il singolo ‘To Lose My Life’ (davvero da presenza fissa nelle disco), ‘Farewell To The Fairground’ ed ‘E.S.T.’. Meno convincenti i pezzi che non decollano mai, come ‘Death’ e ‘Nothing To Give’.
L’atmosfera dell’album è costantemente grigia e la band ci crede così tanto da permeare il tutto di testi neri al limite del cliché gotico/decadente (ormai in questi casi ci vengono sempre in mente i ragazzini gotici di South Park, e ridiamo): ‘Perdere la vita o perdere l’amore’, ‘Amore mio lascia quelle forbici’, ‘Hai sangue sulle tue mani e so che è il mio’, ‘La sabbia delle nostre clessidre si sta esaurendo’, ‘Invecchiamo insieme e moriamo nello stesso istante’. 100% riciclo, ma con gusto. Un paio di singolazzi e via. Per una band al debutto va bene anche così…anche se tra Editors, Arcade Fire e compagnia la scena sembra già abbastanza affollata.
Marco Brambilla