http://www.yolatengo.com
http://www.matadorrecords.com/
L’indie, o la quintessenza del.
Ogni volta che, in una qualche discussione, mi vedo costretta a dover citare Il gruppo indie per eccellenza, ogni volta che devo avvicinare qualcuno al genere, sfodero sempre loro, i secchioni di Hoboken. Non si può sbagliare: nessuno ha mai avuto un suono così caratteristico, marcato e di gusto, e raramente gruppi attivi da così tanto tempo riescono a mantenere uno standard così alto nonostante gli anni che passano: sono i primi della classe, quelli sempre con la mano alzata, quelli così bravi da poter fare i dissacratori idioti che tanto i professori li ameranno sempre, qualunque cosa facciano, ameranno sempre il loro cervello fluido e guizzante.
Popular Songs è fatto della solita pasta: patinato anche quando dovrebbe suonare sporco, perfetto frullatore di stili, dagli anni sessanta di If It’s True (che potrebbe tranquillamente essere un pezzo dei vecchi Belle And Sebastian) e di Avalon Or Someone Very Similar, ai novanta del noise alla Sonic Youth di And The Glitter Is Gone, senza dimenticare By Two’s, un santino sull’altare dei Velvet Underground o, per la precisione, di Nico.
Popular Songs è un dizionario della musica alternativa degli ultimi cinquant’anni, dalla A alla Zeta, diviso in due (fisicamente, anche, nella versione in vinile) dischi che sono uno l’opposto dell’altro, e che tracciano un ritratto dettagliato dello stato dell’indie di adesso.
Se il disco uno, corrispondente alle prime nove tracce del cd, si compone come già detto di pezzi quanto mai diversi fra loro tenuti insieme esclusivamente dalla voglia di suonare, divertirsi e confrontarsi, che poi sono gli ingredienti principale del suono Yo La Tengo, il secondo disco si fa decisamente più interessante, se non fosse altro per la struttura più composta delle composizioni, che durano fra i dieci e i tredici minuti collocandosi così in un campo che va ben oltre l’immaginario pop, sconfinando nella colonna sonora (The Fireside) e nello shoegaze di More Stars Than There Are In Heaven.
Si ha l’impressione, come spesso succede, che se questo album fosse stato inciso da qualcun altro, magari nuovo e con un po’ meno di esperienza, avremmo tutti gridato al miracolo, quando invece siamo qui a cercare il pelo nell’uovo. Diciamo che gli archi saranno anche arrangiati da un guru del genere, ma sono decisamente bruttini, soprattutto lanciati così senza paracadute in piena apertura del disco ad introdurre Here To Fall, diciamo che pezzi come il funky Periodically Double Or Triple possono essere divertenti, ma di sicuro non possono non risultare almeno kitsch, o addirittura fuori luogo. Potremmo andare avanti ancora, a cercare difetti per dimostrarci scontenti dei nostri idoli, di sicuro seduti sugli allori ma comunque ancora vivi e vegeti e pieni di ispirazione, però ci conviene piuttosto metterci Nothing To Hide nelle cuffie, camminare per strada e sentirci leggeri, come solo loro riescono a farci sentire.
Francesca Stella Riva