Jane’s Addiction The Great Escape Artist

Janes Addiction The Great Escape Artist Recensione

I Jane’s Addiction. Una carriera costellata di ‘se’. E se non si fossero sciolti due minuti prima dell’esplosione alternative dei primi ’90? E se fosse rimasto lo storico bassista Eric Avery? E se Perry Farrell non fosse sclerato ogni volta? Se questo, se quello…senza tutti gli errori e le imperfezioni non sarebbero stati i Jane’s Addiction che conosciamo, probabilmente. Meglio tenerceli come la band di culto che sono, quindi, e accettare come un miracolo il quarto disco in studio.

The Great Escape Artist“…come dire: se i Jane’s Addiction  fossero i Red Hot Chili Peppers, questo sarebbe il loro “Californication“. Per usare termini meno impietosi, diciamo che è il loro disco più pop e più melodico. Dimenticatevi la sezione ritmica travolgente e funkettosa degli esordi, dimenticatevi le schitarrate più infuocate di Dave Navarro…non siamo vicini nemmeno al rock leccato dalla produzione di Bob Ezrin di “Strays” (2003). Tutto un disco con protagonista Farrell e la sua voce, diverse sonorità e sperimentazioni interessanti, più una certa atmosfera crepuscolare che proprio non guasta. L’opener “Underground” è un inizio tosto, con bassi belli saturi, una gran linea vocale e pure qualche suono moderno…non sbraita come le vecchie glorie ma crea il giusto tono. Segue il primo singolo, molto influenzato dalle esperienze più mistiche di Farrell; Navarro fa stridere la chitarra ma i suoi riffazzi mancano. Per fortuna il suo gusto si sente nei fills di “Curiosity Kills”: uno dei pezzi migliori del disco, che cresce da una linea di basso minacciosa fino a sfociare nell’assolo di Navarro sui ritornelli di Farrell. La croce del disco è il suo fermarsi a questa velocità media e l’ancorarsi a strutture decisamente pop, senza che ci siano delle scosse adeguate (“I’ll Hit You Back” non basta sicuramente). Il che è un peccato, perché questa omogeneità troppo marcata rischia di  non valorizzare ottimi episodi come “Irresistible Force” e le sue orchestrazioni , “Splash A Little Water On It” con la sua base quasi trip hop e la grandissima “Twisted Tales”, dove la voce di Perry fa sentire tutta la sua magia.

Ok, non tutto convince (in  “Broken People” sembrano gli U2), ma in generale la virata su queste sonorità è sincera, personale e ben riuscita. Insomma, non un disco per chi vuole stare sul divano a torso nudo a urlare “SEX ISSS VIO-LEEEEENCE!!!!!!!!!!” ma vale assolutamente la pena dare una possibilità a questa nuova strada dei JA.

Marco Brambilla

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