[Jazz] Joshua Redman – Compass (2009)

 

Uncharted – Faraway – Identity Thief – Just Like You – Hutchhiker’s Guide – Ghost – Insomnomaniac – Moonlight – Un Peu Fou – March – Round Reuben – Little Ditty – Through The Valley

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Nelle stesse parole di Redman, “Compass” è stato ideato e suonato quale estensione ed espansione di “Back East”, album di due anni fa in cui il sassofonista si cimentava per la prima volta nel formato del doppio trio privo di accompagnamento pianistico. Ma se “Back East” era arricchito dalla presenza di prestigiosi ospiti (joe Lovano, Sam Yahel, ecc.), questa volta Redman circoscrive ancor di più la tavolozza timbrica a diposizione, scegliendo di far dialogare i suoi sax, tenore e soprano, esclusivamente con i contrabbassi di Larry Grenadier e Reuben Rogers e le batterie di Brian Blade e Gregory Hutchinson.

Ne vien fuori il disco più austero e ostico della sua carriera, lontanissimo sia dalla giovanile irruenza di “Wish”, l’opera che lo rese celebre nell’ormai lontano 1993, sia dall’edonismo sonoro degli episodi più recenti realizzati assieme all’Elastic Band. Insomma, in “Compass” non c’è posto né per scorribande elettriche né per inflessioni funk o rock. Rigorosamente acustico, l’album guarda al Sonny Rollins di “Way Out West” e “Night At The Village Vanguard” ed al suo strolling sassofonistico (“Just Like You” e “Insomnomaniac”), senza dimenticare ricercate intonazioni coltraniane (la tensione meditativa di “Uncharted” e di “Through The Valley”).

Redman sa essere romantico e vivace allo stesso tempo in “Faraway”, curioso ed aspro in “Identity Thief”, pezzo multiforme ed agitato che partendo da un tema zigzagante aumenta d’intensità sino a sfiorare il free jazz, lirico e delicato in “Little Ditty”, rigoroso ed ispirato in “Moonlight”, rivisitazione della celeberrima sonata “Al chiaro di luna” di Beethoven, condotta con grande gusto e senza mai scadere nel pacchiano. In ogni caso, in tutte le composizioni prevale lo spirito più riflessivo e sperimentatore dell’artista, che si concede assoluta libertà d’improvvisazione, anche a costo di diventare meno diretto rispetto ai suoi standard passati, guadagnando però in profondità e complessità dei temi.

D’altra parte stiamo parlando di un musicista che ha già ottenuto fama e successo, che ha pubblicato dischi dalle vendite incredibili per il loro ambito, tanto da poter collaborare con i Rolling Stones sul live “No Security”. Con “Compass” sembra voler rivendicare il diritto di suonare per il proprio piacere, di perdersi nelle suggestioni che ammaliano il suo orecchio: ed è un bel sentire.

Stefano Masnaghetti

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