Mogwai – Hardcore Will Never Die, But You Will

“Young Team” è stata una pietra miliare per tutto un movimento di oltrepasso del rock. Reinventare la musica, trasfigurandola. Da quel disco sono passati anni e acqua sotto i ponti. I Mogwai sono innegabilmente simpatici, vuoi per il proprio nome, i titoli delle canzoni, per le dichiarazioni, l’amore per calcio e birra. Da sempre poco avvezzi ai clichè, al divismo. Ironici e cinici, lontani da intellettualismi da poser.

Da quel disco hanno cercato di muoversi negli anni a venire. Di cercare direzioni diverse. E qui sono iniziati i problemi. “Rock Action” è stato quasi un ritorno alla canzone, alla breve durata, all’uso della voce. Bello, ma molti non si sono convinti appieno di questo spostamento. I due seguenti hanno annaspato, quasi impossibilitati a conti fatti ad essere altro da sé, da quello che avevano creato di magnifico. Una luce è arrivato dal penultimo, “The Hawk Is Howling“, un po’ un ritorno alle origini, un po’ di qualità rimessa in circolo.

Con “Hardcore Will Never Die, But You Will“, loro settimo disco, arriva un nuovo scossone, uno scostamento, la voglia di qualcosa di nuovo e diverso. Che non è deprecabile. Canzoni che si accorciano (ad eccezione del brano di chiusura, gli otto minuti di “You’re Lionel Richie”),  l’incedere piano-forte che sparisce, si punta su tapis rulant di suono che scivolano orizzontali (verso l’infinito e oltre), un sound pop wave chitarristico un po’ alla New Order, un po’ ’80’s, un po’ kraut senza però le ombre e nebbie teutoniche. Dopo uno, due, tre, quattro, cinque, sei ascolti sembra manchi qualcosa. A tratti banale, piatto, senza mordente. Poche emozioni, poche magie. Manca lo shock e i brividi. A tratti pare una delusione.

Divertente aneddoto legato al titolo. La frase sarebbe stata detta da un adolescente delinquente ad un negoziante che non voleva vendergli del vino perchè era troppo giovane.

Luca Freddi

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