Naked Truth – Shizaru

Naked Truth Shizaru Recensione

I Naked Truth sono una sorta di supergruppo ‘sotterraneo’, non tanto per quanto concerne la qualità dell’ensemble, quanto piuttosto per la poca risonanza popolare che possono vantare i quattro musicisti coinvolti nel progetto. Ma che musicisti! Alla batteria abbiamo Pat Mastelotto (King Crimson), al piano e alle tastiere Roy Powell (Anthony Braxton), alla tromba Cuong Vu (mille le collaborazioni al suo attivo, dal jazz/fusion di Pat Metheny a Bill Frisell passando per il pop/rock di David Bowie e Laurie Anderson) e, a chiudere il quadrilatero, al basso Lorenzo Feliciati, fra i giovani jazzisti italiani più promettenti. Non è detto che l’altissimo livello degli artisti implichi necessariamente la creazione di un grande disco, anzi, ma in questo caso le premesse sono state, almeno in parte, rispettate. “Shizaru” è, infatti, un album più che interessante, e anche se non verrà ricordato come una pietra miliare dell’avant – jazz, può comunque riservare parecchie piacevoli sorprese.

Nel comunicato stampa si parla di dub. In realtà il dub è, assieme a molte altre componenti come l’elettronica e il rock, solo lo sfondo sul quale poggia un modo di reinterpretare la fusion degli anni Settanta tale da farla risultare attuale e non obsoleta (posto che nell’arte valga il concetto di obsolescenza). Il mentore maggiore dei suoni contenuti nell’opera è sicuramente il Miles Davis post “Bitches Brew“, quello forse più ostico ma non per questo meno affascinante. I Naked Truth mettono in chiaro questa loro preferenza sin dall’apripista “Faster Than An Automatic Door“, in cui le tastiere di Powell e la tromba di Vu riportano fortissimamente alla memoria le atmosfere della band elettrica che Davis utilizzò in dischi come “Big Fun” e “On The Corner”; simile è anche la successiva “66“, mentre con lo scorrere delle tracce il sound si avvicina maggiormente a una sorta di lento liquefarsi della musica che solo a tratti conosce gli scossoni di certo free jazz contemporaneo (la title – track, in certi punti quasi ‘pattoniana’) . Si tratta di un vagare in nebbie equatoriali in cui i contorni spariscono e sorgono di fronte a noi puri spettri sonori (cfr., ad esempio, la conclusiva “Akhton“). Il tutto servito su un piatto d’argento grazie all’abilità del quartetto.

Il primo ascolto di “Shizaru” è abbastanza ostico, ma a lungo andare i Naked Truth sapranno attrarvi all’interno delle loro volute di fumo. Consigliato.

Stefano Masnaghetti

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