Orange – Rock Your Moccasins

Al loro secondo disco, gli Orange confermano la loro attitudine garage e quella voglia di ammazzarsi di concerti in giro per l’Italia per il solo gusto di far scuotere culetti, con buona pace dell’originalità, neanche troppo cercata. Citazioni su citazioni, un immancabile pezzo sul Berlusca, la più grande rockstar italiana vivente, chitarra distorta e batteria sudata: questo duo, formato da Francesco Mandelli e Chicco Buttafuoco, fa presto a farsi amare.

Come già i ben più stilosi e secchioni Strokes, chiaramente ricalcando i loro passi, gli Orange fondano il loro sound sui riff appiccicosi di chitarra e sulla voce sforzata e volutamente roca, sulla ricerca ossessiva dell’orecchiabilità che però qui non arriva e su di un’estetica da ragazzini coi ray-ban: magliette slabbrate, jeans skinny e qualche deriva musicale più catchy giusto per sentirsi belli e baciati dal sole. Roba che va bene per il Rocket: chi è milanese sa di cosa sto parlando. Escono dalla media la più acustica “I Don’t Like You Anymore”, un ottimo mix di Kinks e Strokes, senza dubbio il pezzo più radiofonico del disco, e la divertente “Valagussa”, che cela la goliardia del testo dietro una bella violenza distorta. Molto meno convincente “Big Shoes”, una ballad con poco cuore e tanti luoghi comuni, e la caduta di stile “L’India”, un testo in italiano che forse era meglio cantare in inglese.

Probabilmente, se “Rock Your Moccasins” fosse uscito qualche anno fa, quando ancora di tutto questo non avevamo fatto indigestione, ci sarebbe sembrato un album di molto migliore, c’è da dire anche che se ci si concepisce principalmente come live band diventa poi difficile che si punti sul disco: le novità, l’energia, lo scambio di emozioni li si lascia sul palco.

Francesca Stella Riva

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