Trovarsi a dover recensire il nuovo album di una leggenda del rock non è mai facile. Soprattutto se la leggenda in questione si chiama Paul Weller, ex leader di due band giusto a dir poco storiche come Jam e Style Council ed oggi prolifico artista dalla brillante carriera solista.
Un equilibrista nato, Sir Weller.
Sempre in bilico tra coraggiose sperimentazioni ed un animo da rocker senza fronzoli, sincero e diretto al punto. La spinta verso divagazioni sinfoniche ai confini del soul, jazz o dell’ elettronica che viene squisitamente riconciliata al rock: questo il tratto tipico degli ultimi lavori della sapiente mano del Modfather. Un Modfather iperattivo e che ama rischiare: ogni due anni un nuovo album ed un nuovo rischio di caduta rovinosa. Ma caduto il nostro Paul fino ad ora non è mai: la sua grandiosa capacità di inventarsi e reinventarsi, in una perpetua sperimentazione dei sound più contrapposti, lo ha sempre tenuto al riparo dalle stroncature, ponendolo tra i pochi artisti in attivo over 50 che ancora oggi si guadagnano grande apprezzamento e rispettabilità.
Ed è però proprio in questa cornice idilliaca che “Sonik Kicks”, nuova fatica di Sir Weller, delude clamorosamente.
L´album parte bene. “Green” dimostra una grande carica adrenalinica niente male, un bel pezzo di rock´n roll sporcato da piacevoli rigurgiti electro. Tutt´altra melodia per “The Attic”, pezzo più riuscito dell’album, che ci mostra un Paul Weller a suo agio tra melodie di archi e sinfonie quasi sognanti, che dipingono azzeccate melodie pop a tinte pastello. Tutto bene fin qui, dunque.
E’ però con “King I klang” che sorgono i primi dubbi: la sua esuberante anima quasi carnevalesca, da circo, spezza il filo dell’album, giungendo come un pugno nell’occhio. Weller sembra quasi riconoscere l’errore, sfumando poi il furore del pezzo con le atmosfere rarefatte dell´interludio “Sleep of the Serene”. La malinconia di “By The Waters” stupisce poi per il nuovo dirottamento di marcia dell’album: a questo punto non si capisce davvero dove voglia andare a parare Sir Weller. Altri motivi di confusione sono infine il soul di “That dangerous Age”, le atmosfere da piano-bar di “Study in blue”, le oscure fascinazioni electro di “Around the lake” e del secondo ed ultimo intermezzo “Twilight”, per non parlare infine della psichedelia di “Drifters”, che aggiunge altra schizofrenia all’album.
Per carità, si tratta di pezzi ottimi, come anche la meravigliosa ninna nanna a tinte pop di “Paper Chase”, ma che messi assieme trasmettono ben poco, se non una certa confusione del signor Weller, che fallisce nel comunicare l´intenzione dell’opera. Ci si chiede inoltre che senso abbiano i due interludi del disco. Non emoziona insomma questo “Sonik Kicks”, più che altro frastorna.
Paul Weller è caduto: ora aspettiamo solo che si rialzi.
Valentina Lonati
[youtube twsiVLPazfk]