[Pop Rock] Bon Jovi – The Circle (2009)

We Weren’t Born To Follow – When We Were Beautiful – Work For The Working Man – Superman Tonight – Bullet – Thorn In My Side – Live Before You Die – Brokenpromiseland – Love’s the Only Rule – Fast Cars – Happy Now – Learn To Love
 
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Se c’è una cosa che i Bon Jovi hanno insegnato ai propri fans, è di non attendersi mai un disco uguale a un altro. Dopo il country oriented “Lost Highway”, arriva “The Circle”, aspettative altissime e attese di vario tipo per l’ennesimo capitolo di una carriera densa di successi.
Arrangiamenti curatissimi, lavoro di lima in sede di produzione di classe, testi spesso impegnati e incentrati sul sociale, un gran ritorno del Sambora chitarrista, diversi episodi convincenti, un paio di filler di troppo: questa in sintesi la carta d’identità del nuovo album, release che farà discutere ma che va a posizionarsi tra i lavori meglio riusciti dal post “These Days” a oggi. Soprattutto non è uno di quei lavori su cui sia opportuno trarre conclusioni dopo pochi ascolti, dato che solo dopo diverse sessioni si riescono a individuare tutti i dettagli esecutivi di ogni traccia.
Indubbiamente “Fast Cars” non è quel che si definisce un brano ispirato; probabilmente la posizione in tracklist della bella “When We Were Beautiful” poteva essere cambiata in favore di una “Bullet” più aggressiva, per poterla apprezzare ancora di più; qualche oo-ooh di supporto in alcune canzoni funzionerà sicuramente meglio dal vivo che su disco; dieci pezzi potevano forse bastare. Nonostante tutto questo, “The Circle” è un bel lavoro, estremamente maturo, vario e che nella sua prima metà riesce a convincere e ad appassionare, fornendo un efficacissimo compendio dei Bon Jovi del nuovo millennio. Lasciando da parte qualche caduta e apprezzando una conclusione come “Learn To Love”, ci sentiamo di consigliare senza riserve il cd in questione a chi non partiva con l’idea di trovare un secondo “Slippery” o un secondo “New Jersey”: siamo di fronte a una produzione che apprezzerete col tempo, che riporta la forma della canzone e l’attenzione per gli arrangiamenti al centro del processo compositivo.

Due parole infine sul DVD della deluxe edition che contiene il film realizzato in occasione delle date del tour di Lost Highway. Viene presentato un lato della band molto intimista, in cui i componenti si raccontano senza filtri, in cui Jon Bon Jovi si presenta non solo come il CEO di una multinazionale che miete consensi da venticinque anni, ma anche come una persona spesso sola in camerini, hotel e aerei, con l’ossessione di condividere con chiunque e in qualsiasi luogo e venue di sorta la sua musica. È difficile, a detta del leader, trovare l’equilibrio tra quanto la gente vuole sentire e quello che a lui effettivamente piace e piacerebbe proporre, come è anche un problema ottenere un concerto dall’intensità costante e senza alti e bassi. Accanto a una testimonianza live da brividi di “Alleluja” (Leonard Cohen anyone?), troviamo anche le parole di Richie (schietto sul terribile e recente periodo di difficoltà seguito da riabilitazione successiva), Tico e David, coprotagonisti di una band che non è esattamente definibile (da loro stessi) una democrazia perfetta. Un’aggiunta totalmente imperdibile per i fans, e molto interessante per gli ascoltatori casuali.

 

Nuovo studio album per la band del New Jersey capitanata dal carismatico leader Jon Bon Jovi. L’undicesimo disco in studio esce a 25 anni di distanza dalla prima omonima fatica discografica, e procede sulla strada intrapresa nel 1995 con “These Days” e seguita fino ai giorni nostri senza particolari variazioni sul tema.

Si parte con il singolo di lancio “We Weren’t Born To Follow”, pezzo ben ritmato, dal ritornello accattivante e con quella melodia tipicamente Bon Jovi-Style che ha contraddistinto tutte le hits degli ultimi anni. I pezzi successivi si assestano sul livello medio mantenuto dalla band di recente, con mid tempos di stampo decisamente rock alternati a brani più ballabili e ad un paio di ballad, a dire la verità non particolarmente riuscite (scordatevi “Wanted dead or alive” o “I’ll be there for you”).

La voce di Jon sempre perfettamente riconoscibile, e il precisissimo lavoro del solito Sambora alla sei corde sono da sempre il marchio di fabbrica della band, e su questo nuovo lavoro  esprimono il loro meglio sui pezzi più ritmati, quali “Work For The Working Man”, “Bullet”, “Brokenpromiseland” (che con il loro ritmo travolgente si faranno apprezzare da tutti gli ascoltatori già dal primo ascolto) e sulla melodica e suadente “Live Before You Die”.

Questo atteso ritorno, a due anni di distanza dal poco ispirato “Lost Highway”, farà senza dubbio la felicità dei fans della seconda era della band, e forse accontenterà un po’ meno la “vecchia guardia”, che magari aspetta da tempo immemore un ritorno a sonorità più vicine a quelle dei capolavori del tempo che fu (Slippery When Wet e New Jersey).

Corrado Riva

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