[Post Psichedelia] Animal Collective – Merriweather Post Pavilion (2009)
In The Flowers – My Girls – Also Frightened – Summertime Clothes – Daily Routine – Bluish – Guys Eyes – Taste – Lion In A Coma – No More Runnin’ – Brothersport
http://www.myspace.com/animalcollectivetheband
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“Merriweather Post Pavilion” rappresenta un nuovo inizio per gli Animal Collective. L’ennesimo. Messo da parte il folk mutante che aveva caratterizzato alcuni dei loro episodi più riusciti, in particolare lo stupefacente “Here Comes The Indians”, l’ensemble di Baltimora è libero di espandere all’inverosimile la propria vena pop – psichedelica, diluendo in un marasma di effetti elettronici undici pezzi che, sì, questa volta hanno tutto l’aspetto di pure e cristalline pop song.
La nuova strategia adottata è quella dello straniamento: perché questa volta non si ricorre più all’anarchia compositiva tout court, all’improvvisazione freak in grado di far a brandelli la tradizionale forma – canzone. Né sono presenti lunghe jam destrutturate. Tutti i brani durano dai quattro ai sei minuti, ed ognuno di essi poggia su ben riconoscibili linee melodiche, a volte allegre e frizzanti, altre algide ed eteree, sempre colorate e fantasiose. Ma prima di coglierne gli aspetti ludici ed immediati bisogna attraversare strati di distorsioni electro – wave, stordenti effetti space – drone, gusto krauto e ritmi dancefloor modificati, resi liquidi e cangianti.
Proprio a questo punto subentra lo straniamento: non si riesce più a capire se quello che si sta ascoltando è melodia lisergica nella vena di Beatles, Byrds, Tomorrow e Pretty Things, filtrata però dal lirismo cosmico dei Pink Floyd, o se le onnipresenti folate di tastiere e sintetizzatori non guardino piuttosto all’elettronica tedesca dei primi Settanta, rielaborata da Flaming Lips e Mercury Rev, privati però delle chitarre. Oppure, ancora: certi sfasamenti ritmici non potrebbero essere accostabili ad una trasposizione allucinogena dei Talking Heads? Ma è altrettanto lecito leggere questo disco come il tentativo di teletrasportare i Tangerine Dream dalla Via Lattea al pianeta Terra, inglobando le loro suite stellari in brevi sfondi soleggiati e verdeggianti. Forse, più “semplicemente”, il collettivo animale ha voluto omaggiare gli intrecci vocali dei Beach Boys e il minimalismo strumentale di Steve Reich e Terry Riley, fondendo i due stili in mini suite ipnotiche e trasognate.
Confusi? Beh, aspettate di sentire il disco. D’altra parte la copertina funge da perfetta rappresentazione grafica del contenuto sonoro: fissatela per due secondi e sarete già trasportati nel mondo inverosimile di “Merriweather Post Pavilion”. Ma non fate l’errore di accantonarlo dopo un solo ascolto, causa lo stordimento che inevitabilmente si prova al primo approccio. Non demordete ed entrate nel suo universo, naufragate nel mare increspato e luccicante che questi grandi musicisti sono stati in grado di creare. Avanguardia in formato “easy listening”, e per una volta il plauso che la critica di mezzo mondo sta tributando loro è ampiamente meritato.
Stefano Masnaghetti