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Non se ne esce. Se tutto il revival (soprattutto anni ’70 o ’80) di qualsiasi anno addietro, riproposto nel mondo musicale attuale, diventa figo per la perspicacia della visione, fare un disco che abbia i numi tutelari negli anni 90 viene bollato come “ripetitivo, pedissequo, poco ispirato”. Questa è la stampa, baby. Quella che cerca l’hype e il nuovo volto da buttare in copertina.
Disparità di trattamento, un po’ come gli applausi di Balotelli sanzionati e i pollici versi di Totti non sanzionati.
Dette queste inutili amenità, la band siciliana suona molto bene, ha degli ottimi suoni, che cura con grande attenzione e qualità. Non fa le cose tanto per fare, insomma.
Certo, dietro di lei c’è lo spettro del post-rock, soprattutto a stelle e strisce (Explosion in the sky in primis). A volte è come un cielo plumbeo sotto il quale non puoi scappare. E loro rimangono in quella morsa, seppur con pezzi sicuramente godibili e pieni di pathos dalla classica, tenue esplosione. La personalità di questo trio nostrano viene fuori maggiormente nei pezzi in cui le geometrie strumentali si imbastardiscono soprattutto con l’elettronica, creando passaggi e paesaggi convincenti ed apprezzabili.
Luca Freddi