[Post Rock] Red Sparowes – The Fear Is Excruciating, But Therein Lies The Answer (2010)


http://www.myspace.com/redsparowes
http://www.sargenthouse.com/

I Red Sparowes si erano imposti all’attenzione del pubblico ‘alternativo’ sin dal loro debutto, “At The Soundless Dawn” (2005). Supergruppo di nicchia, potendo vantare nelle proprie fila musicisti provenienti da Neurosis (Josh Graham) e Isis (Jeff Caxide), avevano stupito tutti con un disco interamente strumentale, dalle atmosfere dilatate e dai contorni foschi, a cavallo fra il postcore/post metal di Isis, Neurosis e Pelican e le più smussate e oniriche progressioni del post rock propriamente detto, quello di Explosions In The Sky e Godspeed You ! Black Emperor in particolare. Non inventavano nulla di nuovo, e l’album era facilmente ascrivibile alla categoria dei lavori ‘derivativi’, eppure la bravura nel fondere pesantezza metallica e leggerezze psichedeliche era indubbia, e l’ascolto coinvolgeva dall’inizio alla fine. Poi però giunse il secondo capitolo, “Every Red Heart Shines Toward The Red Sun” (2006), scialbo e scontatissimo, e l’entusiasmo iniziale immediatamente mutò in grande delusione. Da lì in poi, il silenzio, parzialmente interrotto da un EP di modesto interesse, “Aphorisms” (2008).

È quindi con piacere che accogliamo il terzo full – length del complesso, perché “The Fear Is Excruciating, But Therein Lies The Answer” (il vizio dei titoli chilometrici non l’hanno perso) segna la riscossa di un ensemble dato per spacciato troppo presto. Jeff e Josh se ne sono andati; in compenso, sempre dagli Isis, è arrivato Bryant Clifford Meyer, coadiuvato da altri quattro musicisti, fra i quali Greg Burns degli Halifax Pier. Il cambiamento di line – up e il periodo di riflessione è davvero servito a recuperare smalto e idee: oggi i Red Sparowes sono ritornati alla forma dell’esordio, sebbene il loro suono sia diverso. Sempre esclusivamente strumentali, le otto composizioni presenti in “The Fear…” si rivelano più compatte e dirette rispetto alla produzione passata. Non a caso l’opera dura nemmeno tre quarti d’ora, contro l’ora abbondante dei due predecessori. Oltre alla lunghezza, è cambiato anche l’approccio alla materia sonora. Che ora è quanto mai soffice e quasi totalmente scevra da spigolosità metal e core. E la psichedelia gioca un ruolo ancor maggiore rispetto ai vecchi tempi, inerpicandosi nei crescendo tipici del genere e illanguidendo fra trame di chitarre liquide e prolungati pedali di basso. Adesso è come se gli Explosions In The Sky risuonassero le partiture più fumose dei Pink Floyd, in una sorta di progressive strumentale dai chiari contorni lisergici. Inutile, in casi come questi, citare un brano piuttosto che un altro, dato che ogni singolo pezzo s’incastra in una texture di più ampio respiro.

I Red Sparowes continuano a non creare nulla di nuovo, ma ora sono tornati ad affascinare come un tempo. In maniera diversa, più luminosa e meno cupa, più intima e meno drammatica, ma ciò che conta è che “The Fear…” è un album riuscito dalla prima all’ultima nota. Da assaporare osservando il cielo stellato, in primavera.

Stefano Masnaghetti

 

Lascia un commento