A volte ritornano. Dopo 12 anni di silenzio gli incredibili Dunwich di Claudio Nigris tornano pubblicando un disco di altissimo livello pur se lontano dalle irraggiungibili vette de Il Chiarore Sorge Due Volte.
I capitolini hanno sempre suonato musica un po’ difficile da etichettare. Pur essendo metallari nell’animo, musicalmente proponevano una sorta di melting pot etnico, con qualche lieve concessione all’ambient e al rock e qualcuno lo chiamava, sbagliando, progressive. Il dato di fatto è che i Dunwich non somigliavano a niente e nessuno, testi in italiano e voce femminile a narrare di miti e leggende di terre lontane e poi fiati, archi, tastiere, percussioni, arpe e chitarre a dipingere affreschi di luoghi mistici e lontani, mischiando tradizioni di popoli assai diversi. Poi il tentativo, invero un po’ goffo, di mischiare a tutto questo anche un elemento power-speed metal e infine il silenzio.
Dopo 12 anni rieccoli con questa autoproduzione a riprendere il cammino più o meno dove questo si era interrotto. Musica antica, musica etnica, musica da camera, folk, rock progressivo e metallo. Questa volta però il risultato è strabiliante. Stilisticamente l’unico gruppo che si può tirare in ballo per tentare una sorta di paragone sono gli Haggard che condividono con i Nostri la passione per le atmosfere gotiche, per i suoni antichi e per le orchestrazioni. Rispetto ai tedeschi, la proposta dei Dunwich è sicuramente più leggera (più verso i Warlord che verso i Metallica, per intenderci), molto più ricercata, variegata (tra trombe, flauti, ghironde, archi, liuti e arpe ce n’è per tutti i gusti) e con arrangiamenti più impegnativi.
I Dunwich hanno la capacità di prendere l’ascoltare e trascinarlo in nuovi territori, facendolo letteralmente vivere all’interno delle loro visioni, facendogli smarrire la via di casa per tutta la durata del disco e lasciandolo con una gran voglia di perdersi nuovamente.
L’unica critica che mi sento di muovere a questo Heilagmanoth è l’eccessiva indulgenza verso il metallo che in alcuni momenti rischia di banalizzare il tutto, facendo suonare i Dunwich come uno dei tanti gruppo di power sinfonico, vedi ad esempio Beowulf, unica traccia debole del lavoro, almeno a mio avviso.
Ultimo appunto prima di concludere. Il disco è totalmente auto prodotto, viene servito in un elegante e curatissimo digipack direttamente dal sito della band per la modica cifra di 12 euro incluse spese di spedizione. Il consiglio è di approfittarne, supportando così una realtà nostrana di assoluto valore.
Stefano Di Noi