[Prog Rock/Alternative] The Pineapple Thief – Someone Here Is Missing (2010)


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Ottavo album per i Pineapple Thief, band inglese ormai veterana di un certo modo d’intendere il progressive negli anni Zero, ovvero fondere le classiche strutture ereditate dai mostri sacri dei Settanta con elementi ‘estranei’, mutuati soprattutto dalle ultime esperienze in ambito alternative rock. D’altra parte il gruppo incide per KScope, l’etichetta sotto la quale escono anche i dischi dei Porcupine Tree e quelli del loro ‘guru’ Steven Wilson. E di questi ultimi i Pineapple sono spesso stati considerati nulla più che talentuosi cloni, nonostante i loro sforzi per affrancarsi da tale marchio. Tentativi che non sono mai stati così evidenti come in questo “Someone Here Is Missing”, che potrebbe rappresentare davvero un punto di svolta per il complesso.

Di certo le coordinate sonore non sono granché mutate. Gli ingredienti sono sempre gli stessi: ricerca del tocco lieve affidato agli episodi acustici, momenti più aggressivi e rock a far da contrappunto emotivo, uso psichedelico e ‘visionario’ dell’elettronica, a significare il loro tentativo d’innovare il prog restandone comunque al suo interno, fedeli al motto della label per la quale pubblicano (post progressive sounds). È però cambiato l’approccio complessivo alla loro musica: l’uso di synth, campionamenti e laptop è aumentato, a partire dall’apripista “Nothing At Best”, indecisa fra l’essere una classica rock song oppure concedersi al dancefloor. Oltre a questo, le suggestioni rubate all’alt rock britannico degli ultimi anni sono sempre più invasive, tanto che “Wake Up The Dead” odora di Radiohead lontano un miglio e la malinconia sporcata di elettronica di “Preparation For Meltdown” parla la lingua dei Muse. Anche quando le atmosfere si fanno più ‘pesanti’ e l’ombra dei Porcupine Tree torna a farsi viva, c’è sempre qualcosa che rimanda alle soluzioni adottate dalla band di Matt Bellamy (cfr. “3000 Days”, che paga dazio verso certi esperimenti contenuti in “The Resistance”, in particolare a certi passaggi ‘duri’ di “Unnatural Selection”; oppure le tentazioni sinfoniche della conclusiva “So We Row”). In mezzo a tutto questo, c’è tempo per apprezzare la dolcezza pop di “The State We’re In”, impreziosita da un azzeccato arrangiamento per archi, forse l’episodio in cui i Pineapple riescono ad essere più personali.

Perché il punto è proprio questo. “Someone Here Is Missing” è un disco raffinato, ben suonato, prodotto meglio e cesellato in ogni suo particolare; si rifiuta di guardare al passato e ad alcuni dogmi del progressive spesso invecchiati male, come la lunga suite conclusiva (qui non ve n’è traccia). Eppure continua a mancare quell’impronta personale che permetterebbe ai Pineapple Thief di farsi più incisivi e riconoscibili, di imporsi definitivamente. Oggi non imitano più i Porcupine Tree e forse nessun’altro, ma la loro musica continua ad essere piena zeppa di riferimenti estranei che Bruce Soord e compagni non riescono a metabolizzare del tutto e a far propri al 100%. Un altro buon lavoro scritto da ottimi musicisti che però non sono ancora riusciti a spiccare il volo.

Stefano Masnaghetti

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