Sul fondo – Tormento – Camera oscura – Centro rosso – Libertà – Calice – Graal – Libertà reprise
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I Lef, gruppo di Salerno, sono partiti nel lontano ’92 come progetto dei due fratelli italo/inglesi Rod e Don Guarino; già arrivati agli occhi della stampa musicale con il mini cd “Canto e disincanto”, escono oggi con “Mostri” primo full length della loro carriera. Il disco prodotto dall’etichetta Toast Records in collaborazione con Tomato Free, è un ottimo esempio di rock italiano psichedelico e distorto, con assaggi di elettronica.
Il primo singolo estratto “Sul Fondo” ricorda vagamente i primi Litfiba più malati e introspettivi e confermano le sensazioni che la musica dei Lef porta con sé: quelli di una ricerca interiore sia a livello musicale che di testi. Basta seguire le note avvolgenti di “Camera Oscura” per accorgersene, la voce profonda di Rod Guarino (echi del primo Pelù e Ferretti), sembra ci inviti a seguire il tortuoso percorso che porta all’anima a dispetto dei mostri che la popolano e che sembra abbiano la meglio. Un coro ipnotico/elettronico introduce il secondo brano “Tormento”, qui fanno scuola Afterhours e CSI, ma il brano ha una vita sua e non ti lascia allontanare dalle cuffie nemmeno un secondo.
Accarezza per poi stordire “Il centro rosso” con la sua chitarra acustica in apertura che prepara la furia del ritornello con assoli sparati, sottesi da un tappeto di elettronica, elemento che non manca mai in tutto il lavoro, a volte velato, a volte protagonista.
Rumori di fabbrica aprono le danze a “La libertà” un rock elettronico, quasi punk nel ritornello, apprezzabile per la sua durata minima che, come capita spesso per i gruppi sanno comunicare emozioni, è inversamente proporzionale all’impatto di suoni e testi.
Apprezzabile anche l’uso di un suono delle chitarre sporco e distorto senza confini ben delimitati che fanno di un pezzo come “Graal” uno dei migliori, grazie anche al suo ritornello orecchiabile.
La vera goduria però arriva alla fine con “Libertà reprise” qui l’elettronica è davvero la protagonista che fa ballare sulle note di un loop cantato in inglese, ipnotico e conturbante.
Che dire, un gran bel lavoro che girerà nel mio stereo per un po’ di tempo, aspettando con ansia di vedere questi “mostri” dal vivo.
Renato Ferreri