[Rock] Queen + Paul Rodgers – The Cosmos Rocks (2008)
Cosmos Rockin’ – Time To Shine – Still Burnin’ – Small – Warboys – Call Me – Voodoo – Some Things That Glitter – C-elebrity – Through The Night – Say It’s Not True – Surf’s Up…School’s Out – Small Reprise
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Dopo molte anticipazioni, polemiche, discussioni e anticipato dai singoli “Say It’s Not True” e “C-elebrity”, è finalmente uscito il primo album dai tempi di “Made In Heaven” di quello che resta dei Queen, accompagnati alla voce da Paul Rodgers ormai da ben quattro anni. Comincerei col dire che Brian e Roger, oltre ad aver sempre mostrato un rispetto raro nella storia del rock per il loro storico singer, in questa operazione hanno solo da perdere: venivano criticati allora, quando erano accompagnati dal più grande animale da palcoscenico che sia mai esistito e lo saranno di certo ora. Premesso questo, va detto che ci troviamo davanti ad un grande album che racchiude un po’ l’essenza di entrambe le esperienze dei protagonisti: da un lato l’anima nera, blues di Rodgers e dall’altra le armonie classiche dei Queen, riconoscibili in particolare dall’uso della chitarra, ma senza la magniloquenza e la complessità che forse solo l’apporto di Freddie poteva dare. Di sicuro è un album robusto, suonato al cento per cento e che riserva non poche sorprese, a patto che lo si ascolti senza pregiudizi e pensando di trovarsi di fronte ad un gruppo totalmente nuovo.
L’inizio con “Cosmos Rockin’” è folgorante: intro molto Queen seguito da sottofondo di chitarra che può ricordare un po’ l’inizio di “Welcome To The Jungle”, ma che poi apre ad un pezzo quasi ballabile, dall’energia molto rock n’ roll delle origini. Poi la prima sorpresa, “Time To Shine”, che mette in risalto le grandi doti di Rodgers e che pare scritta proprio dal singer per dimostrare di non essere una semplice comparsa. E’ però con il trittico composto da “Still Burnin’”, “Small” e “Warboys” che l’album entra nel vivo. La prima è uno dei pezzi più belli del disco, un hard rock che potrebbe stare tranquillamente nella discografia dei Deep Purple, in cui May dimostra ancora una volta di poter fare ogni cosa. La seconda è una ballata quasi alla McCartney, soprattutto nelle strofe, che apre poi ad un ritornello di facile presa e suggestione; “Warboys”, invece, è un pezzo che Rodgers ha proposto spesso dal vivo in veste acustica, ma che dopo il “trattamento Queen” assume tutto un altro spessore. Il testo della seguente “We Believe” pare un po’ il seguito ideale di “The Miracle”, con i suoi auspici di pace duratura, mentre “Call Me” è puro divertimento, senza alcun messaggio particolare, intrattenimento puro (sentite quanto la chitarra di May sappia di “Good Company”…). Non mancano i pezzi prettamente blues, vera novità per due terzi del gruppo, che se nel caso di “Voodoo” e “Through The Night” stupiscono e si fanno apprezzare anche per due assolo da brividi, in “Some Things That Glitter” finiscono per portare ad un ibrido che non convince.
La conclusione è affidata alla particolare “Surf’s Up…School’s Out”, che non presenta alcun riferimento alle due canzoni citate, ma che avrebbe potuto stare benissimo in “Electric Fire” di Taylor (le tematiche e l’andatura del pezzo fanno pensare al tipico pezzo di Roger). Da segnalare, nell’intro di quest’ultima, l’utilizzo dell’armonica a bocca, credo per la prima volta in album a nome Queen. Insomma, era difficile pensare che artisti di questo calibro si sarebbero rimessi in gioco con un prodotto di bassa qualità. Chi l’ha anche solo pensato, finirà all’inferno.
Luca Garrò