Dev´essere stato dannatamente difficile per i Rapture fare i conti con il grande successo di “Echoes”. Audaci, taglienti ed a tratti presuntuosi, i Rapture appiccarono fuoco alla scena musicale di inizio millennio, gettando in pasto alle nuove generazioni un album zeppo di genuina rabbia dance-punk, troppo succulento per non farsi sbranare voracemente dai più giovani e troppo fragoroso per non provocare il giubilo dei nostalgici del punk. “House of Jealous Lovers”, “Sister Saviour”, “Echoes”, “Killing” battevano nervose una dietro l´altra, mentre la voce graffiante di Luke Jenner raschiava fino all´ultima corda vocale, strozzandosi e torcendosi più e più volte senza mai mollare la presa. La New York più nevrotica e rabbiosa era lì, ed a noi pareva quasi di poterla vedere.
Oggi però, di quei Rapture non rimane più un granché.
Esaurita la furia punk della gioventù ed archiviata la parentesi discotecara del secondo album “Pieces of the people we love” (In realtà terzo disco, ma “Mirror”, il mini-album di esordio della band non viene, chissà perché, mai calcolato), ecco giungere anche per i Rapture la fatidica crisi da terzo album, ovvero in questo caso: come tirarsi fuori dall´impasse creativa del post” Echoes” senza cedere alla tentazione di scimmiottarne almeno qualcosina.
“In the Grace of your love” è quindi un album che nasce dall´esigenza ri-organizzativa della band, che sceglie di fare piazza pulita delle spigolosità del passato per concentrarsi sugli elementi più squisitamente dance della sua musica, arricchiti questa volta da una serie di brillanti citazioni new wave, funky e persino jazz. Non c´é quindi alcuna rabbia in “In the Grace of your love”. Ma non è detto che ciò sia necessariamente un male.
L ´ambientazione rimane sempre la New York contemporanea, questa volta però osservata e vissuta attraverso lenti dai colori decisamente più pastello, mentre Luke Jenner accompagna la trasformazione privando la propria voce di quella pungente ruvidezza che l´aveva fino ad ora caratterizzata. Ma anche questo sembra non rivelarsi ancora una volta un problema, come dimostra la abbagliante title track, che con i suoi palesi richiami new wave risplende delle magnifiche qualità interpretative del vocalist.
“Never gonna die again”, “Come back to me” e “How deep is your love”, dimostrano poi quanto siano rimaste immutate le doti nel creare melodie articolate senza privarle delle loro potenzialità catchy. Il genere dance viene spogliato magistralmente dalle sue caratteristiche più prettamente “easy”, per essere trasformato poi in qualcosa di ben più complesso e poliedrico, spesso sporcato da accenni di trame rock (vedi “Rollercoaster” e “Children”). Qualcosa ricorda gli Hercules And Love Affair e, non a caso, i Cassius (l´album è prodotto da Philipp Zdar, membro dei Cassius) ma é tutto troppo personale per azzardare paragoni.
Citazioni new romantic anni ’80 si susseguono, senza mai però pesare troppo sulla struttura dell’album, che brilla di grandissima spontaneità compositiva. In “In the Grace of your love” c´è tanto e di tutto, come suggerisce la complessa architettazione delle basi melodiche, arricchite da incursioni di cori, tastiere e sassofoni.
Sprazzi della superata nervosità punk (“Blue Bird”) punteggiano poi l´album, senza che però la nuova identità della band venga minacciata da quel passato ingombrante, che sembra ora lontano anni luce.
Insomma, possono piacere o non piacere questi nuovi Rapture. Sicuramente deluderanno coloro che avevano reso “Echoes” il proprio personale inno post-punk, ma sapranno invece entusiasmare chi, andando oltre alla patina superficiale di spensieratezza dance del disco, saprà addentrasi nella vera, tutt´altro che leggera, anima di “In the Grace of your love”.
Valentina Lonati