Tipiche sonorità new wave si mischiano ad una schiera di stilemi appartenenti alla scia post-punk. Ecco come i Wild Palms, quartetto proveniente da Southgate, North London, intendono affermarsi nella scena indie britannica; il loro debutto è fortemente atteso e le loro esibizioni live lasciano poco all’immaginazione, tanto da portare la rivista Mojo a definirli come ‘ipnotici e sublimi’.
Tra i membri dei Wild Palms spunta il nome di Gareth Jones, produttore della band che in passato ha lavorato, nelle stesse vesti, per nomi del calibro di Depeche Mode, John Foxx e Grizzly Bear.
Emergono melodie post-punk con risvolti più o meno chiaroscurali a seconda dell’umore che ha accompagnato la realizzazione della traccia; degni di nota sono soprattutto pezzi come “To The Lighthouse”, “Draw In Light”, “Caretaker”, “Pale Fire” e “Delight In Temptation”, in cui la batteria di James Parish si unisce saldamente alla chitarra di Darrell Hawkins ed al basso di Gareth Jones, creando un autentico tappeto sonoro per la voce di Lou Hill che, in alcuni tratti, risulta addirittura evocativa.
I pro ed i contro di questo primo lavoro dei Wild Palms si intersecano, creando un insieme di svariate possibilità per cui il disco stesso può essere compreso dagli ascoltatori sia come un solido debutto che come un piccolo flop. È qui che si trova la forza di “Until Spring”, nell’eterogeneità dei possibili giudizi, nella possibilità di poter vedere nei Wild Palms, giusto per scomodare qualche mostro sacro, lo spirito dei conterranei New Order e dei Talking Heads, in un’incompletezza formale che potrebbe rendere ogni secondo di questo lavoro unico nel suo genere.
Per potercene rendere effettivamente conto non resta che aspettare l’uscita prevista per Marzo.
Federico Croci